L’omicidio a calci e pugni del 28enne pakistano Khan Mohamed Shandaz avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì in via Lodovico Pavoni a Torpignattara, rischia di dar fuoco a quella che è una vera e propria polveriera sociale. Ad essere arrestato per omicidio preterintenzionale un ragazzo di 17 anni che ha subito confessato l’accaduto, adducendo come causa scatenante del pestaggio uno sputo che avrebbe ricevuto dal giovane.

Secondo le testimonianze il giovane pakistano, con permesso di soggiorno ma senza fissa dimora, era in un evidente stato di alterazione e avrebbe infastidito i passanti. Il minorenne afferma di aver colpito Kahn con un solo pugno, ma i primi accertamenti del medico legale hanno riscontrato decine di colpi, mentre la polizia ha escluso al momento il movente razziale. Solo domenica scorsa a poche centina di metri un altro omicidio, questa volta a perdere la vita un cittadino rumeno di 52 anni accoltellato a morte a Villa De Sanctis in pieno giorno, con le scuole ancora chiuse in un parco pieno di bambini.

Ma che sta succedendo in questo quartiere della periferia est della Capitale, storico bastione rosso e melting pot di immigrazioni più o meno recenti? Per avere una risposta bisogna forse andare a cercare nell’esasperazione prodotta dalla crisi economica e soprattutto nell’assenza delle istituzioni in un lavoro indispensabile di mediazione e inclusione sociale. Eppure qui i partiti del centrosinistra hanno ancora alcune delle loro sedi storiche e fanno man bassa di voti. Da anni però gli abitanti del quartiere, di qualunque etnia, danno segni di insofferenza.

Anche se da alcune settimane i più esasperati sono gli “autoctoni”, che dopo diverse assemblee hanno bloccato la via Casilina. Chiedono più sicurezza e polizia, limite all’orario di apertura degli esercizi commerciali e contrasto al commercio abusivo. Tra l’esasperazione per il degrado e l’abbandono del quartiere attecchiscono facilmente luoghi comuni e xenofobi, di chi si sente assediato e solo. E c’è pure chi viene a soffiare sul fuoco, come il leghista Mario Borghezio durante la campagna elettorale per le scorse elezioni europee, ma scacciato dalle mamme della scuola Carlo Pisacane, esempio di convivenza multietnica, che proprio ieri pomeriggio dovevano tornare nelle strade del quartiere.

Ma alle assemblee partecipano anche i comitati storici come quello della Certosa, in prima fila per chiedere l’intervento delle istituzioni nel contrastare le derive xenofobe: «È necessario evitare che la mobilitazione venga cavalcata dall’ultradestra – scriveva il comitato solo pochi giorni fa – che certamente non migliorerebbe la vita del quartiere ma porterebbe ad una caccia alle streghe e ad una violentissima lotta tra poveri».

Proprio sulla pagina del Comitato della Certosa è apparsa poco dopo la mezzanotte, a pochi minuti dall’omicidio, questa testimonianza di una cittadina: «Un minorenne fascista ha appena ammazzato un povero pazzo “straniero” delirante; il padre ha difeso il figlio urlando contro chi gli ha intimato di fermarsi dicendogli “scendi comunista de mmerda se hai il coraggio” prima che arrivassero polizia, carabinieri ed ambulanza… che orrore». Interviene anche il presidente del Comitato di quartiere di Torpignattara che ha preso le distanze da qualsiasi strumentalizzazione: «Noi non possiamo accettare che questa mobilitazione assuma toni xenofobi, razzisti, omofobi e vili verso derive autoritarie. Rifiutiamo con forza tutto ciò e ci dissociamo da chiunque se ne faccia protagonista».