Non si può parlare di Italicum mentre ogni sera il mondo si ritrova davanti alla tv a fare la triste contabilità dei morti, spiega Matteo Renzi, «il dibattito interno al Pd» non è la priorità, e fra attentati, Brexit, l’ascesa di Donald Trump negli Usa («un derby paura contro speranza»), il golpe e il controgolpe in Turchia, a occuparsi di beghe interne si rischia di passare per «persone che vivono su Marte». Ieri mattina il presidente-segretario ha riunito l’assemblea Pd a Roma, all’Hotel Parco dei Principi, per discutere della «situazione internazionale e dei nostri compiti», come si sarebbe detto in altre epoche. Al bando le polemiche sulla legge elettorale, zittiti i boatos secondo cui Renzi potrebbe dirottare Luca Lotti, suo braccio destro a Palazzo Chigi, a ’raddrizzare’ il partito. Riposto saggiamente il lanciafiamme, di questo si parlerà a dicembre, dopo il referendum.

Oggi, cioè ieri, in primo piano c’è la politica estera del governo italiano, che procede tutto sommato con cautela nel ginepraio internazionale su cui si abbattono i kamikaze del sedicente stato islamico. Renzi anziché parlare di questo sceglie i toni dell’orgoglio annuncista. Fatalmente, la ricetta «per essere credibili» ne risente. «Lanciamo una sfida alla Ue», spiega ai suoi. Punta tutto su un appuntamento di fine estate a Ventotene, forzosa culla del Manifesto di Altiero Spinelli «Per un’Europa libera e unita», nel 1941, poi sistematicamente contraddetto dalla storia successiva delle istituzioni europee. Si svolgerà il 22 agosto il vertice a tre fra Renzi, il presidente francese Hollande e la cancelliera tedesca Merkel «per proseguire il dialogo di Berlino e Bruxelles». Il premier italiano rivendica un ruolo di leadership in Europa, anche ricordando che il prossimo anno il nostro paese è riuscito a strappare un mezzo seggio al Consiglio di sicurezza dell’Onu (mezzo in senso letterale, il mandato è spartito con l’Olanda). In più nel 2017 la Capitale ospiterà le celebrazioni per il sessantesimo anniversario del Trattato di Roma (e già che siamo nel discorso: in quell’occasione, nel ’57, gli spinelliani volantinarono tutto il loro dissenso). «Non ci sono più le foto a due», avverte Renzi, «Si torna a Ventotene per ripartire con un’Europa degli ideali, della passione, del ruolo dell’Europa nel mondo», ha detto con trasporto. «Il Pd deve diventare leader in Europa» raccontando al mondo che «il futuro è piano di minacce ma è anche il luogo più meraviglioso», l’Italia deve «prendere per mano un continente che in questo momento sembra impaurito» e diventare «leader del disegno alternativo alla paura e al terrore».

Parole sognanti e immaginifiche. Quando però si passa alla concreta e empirica prova dei fatti il confronto il risveglio è ruvido. A parte il generico appello a combattere la paura con la cultura eccetera, per ora l’Italia non spicca per una posizione particolarmente percepibile su quello che sta accadendo in Turchia, per esempio. «Siamo impegnati in un rapporto stretto con la Turchia per avere un dialogo forte, ma un paese che mette in carcere professori e giornalisti sta mettendo in carcere il proprio futuro. Nessun accordo sull’immigrazione può giocarsi sulla pelle dei diritti umani. Siamo amici della Turchia, ma non è solo la pena di morte il discriminante con l’Europa, ma proprio lo stile di vita», dice Renzi. Parole anche importanti se avessero una qualche conseguenza pratica. Della quale però al momento non si ha notizia. Altro che «stile di vita»: la Turchia scivola verso la dittatura, il bilancio della sospensione della convenzione dei diritti umani è già pesantissimo – non c’è nulla altro da aspettare, anche se il futuro di quel paese sembra riservare ancora pessime notizie – ma da parte della Ue l’accordo sui migranti resta alle stesse condizioni di prima.

E se l’Europa è presa dall’accidia sui fatti di Turchia, la socialdemocrazia europea non è neanche pervenuta. La minoranza interna non può che certificarlo: i socialisti e democratici sono «afoni», ammette Gianni Cuperlo, serve un «atto rifondativo del socialismo europeo» aggiunge Roberto Speranza. Ma anche lì, ad ora non risultano iniziative del Pd (che è il più folto negli scranni dei S&D e anche il più votato del continente secondo i dati delle fortunate elezioni del 2014) per spingere il proprio gruppo europeo a incalzare governi e Commissione. In serata le notizie dell’attentato in Afganistan sono drammatiche, 80 morti e oltre 230 feriti. Renzi deve aggiungere una postilla: «Quello che è successo oggi a Kabul non può passare sotto silenzio in Europa». Come se dell’Europa silenziosa l’Italia non facesse parte.