“Non è stato un bello spettacolo, la polizia ha sbagliato a caricare in quel modo. Quelli di Terni li capisco, tanti lavoratori sono disperati”. Al congresso della Uiltec – i chimici, tessili ed energetici Uil – le manganellate di Roma sugli operai dell’Ast non sono per nulla piaciute. A parlare è Maurizio Sacilotto, dipendente in cassa (ancora per poco) della Ideal Standard di Orcenico (Pordenone): un’altra azienda del made in Italy travolta dalla crisi, e forse ancor di più dall’insipienza degli attuali proprietari, il fondo di private equity americano Bain Capital. Perché non è che il noto marchio di sanitari non possa continuare a produrre, anzi: tanto che i cassintegrati si stanno organizzando per rilevare l’impianto attraverso una cooperativa. “E’ la nostra unica speranza – dice Sacilotto – A 40 o 50 anni chi ti prende più?”.

Il settore rappresentato dalla Uiltec occupa circa 1,3 milioni di persone in Italia: è stato colpito dalla crisi come la meccanica o la siderurgia. Il tessile in 10 anni ha dimezzato i suoi addetti, passando da 310 mila a 141 mila unità dal 2001 al 2011. I comparti chimico e farmaceutico, tradizionalmente più forti, hanno subito erosioni più contenute, ma il 2014 segna un -6,8%. Insomma, la ripresa qui ancora non si vede: Paolo Pirani, segretario della categoria (110 mila iscritti, 433 delegati al congresso) chiede al governo Renzi un “piano Roosevelt” per l’industria e l’occupazione, fatto di “investimenti pubblici e incentivi alla ricerca, innovazione ed energia verde”.

Pirani è critico rispetto a Renzi, alla legge di stabilità e al Jobs Act: “La spinta a scuotere l’economia reale e il mercato interno non si vede – dice – e solo con quell’azione ‘rooseveltiana’ il suo governo potrebbe risultare meno disastroso di quanto oggi temiamo possa diventare”. No all'”assalto all’articolo 18, tutela deterrente contro gli abusi”, e sì “a una pur piccola patrimoniale sulle ricchezze più elevate”. Le analogie con le proposte avanzate dalla Cgil a San Giovanni sono notevoli, ma per ora la Uil non vuole seguire Susanna Camusso sul campo dello sciopero generale. Angeletti lo ha spiegato proprio qui a Venezia: “Non è escluso, ma deve essere preceduto da una lunga campagna di mobilitazione”. Non si chiude all’ipotesi come fa la Cisl, ma non si programma a breve.

Eppure nella base si ritiene che sia il momento di farsi sentire. Sacilotto, che è anche segretario Uiltec del Friuli Venezia Giulia, racconta che i lavoratori “si rivolgono a noi per chiedere qualsiasi tipo di aiuto, alcuni anche solo 10 euro”. “Tagli alle utenze elettriche, sfratti: non parliamo poi di mandare i figli all’università. Presto se lo potranno permettere solo i più abbienti, e così la scala sociale si bloccherà del tutto”. “Sì – conclude – io credo che sarebbe ora di uno sciopero generale, tanti lo pensano. E vorremmo più unità sindacale”.

Meno convinto è Alessandro Galassi, Rsu Enel di Pisa: “Lo sciopero non è certo sbagliato in sé, però costa. Comunque dobbiamo farci sentire in altri modi, con manifestazioni e vertenze, perché il governo più che fare, dice di fare. Gli stessi 80 euro vanno bene, ma tante famiglie non li vedranno”. L’Enel è uno dei “piatti forti” al congresso Uiltec: il gruppo ha annunciato la chiusura di 23 centrali, con 700 addetti. Che dovrebbero essere ricollocati, ma quel che preoccupa è il progressivo disimpegno in un Paese che avrebbe bisogno al contrario di investimenti sull’energia e un robusto taglio alla bolletta energetica.

Stesso discorso per l’Eni, finita al centro delle cronache per le annunciate chiusure a Priolo e Marghera. Andrea Bottaro è Rsu alla Versalis di Priolo: “Solo di recente Eni ha confermato che non intende fare marcia indietro sugli investimenti previsti – spiega – e noi speriamo che sia così”. “Quanto a quello che è successo a Roma – aggiunge – non si dovrebbe mai arrivare a quel punto: ma trovo che stiano esagerando, alzando i toni, sia Camusso che Renzi. La Cgil appare più impegnata in una battaglia politica tutta interna al Pd”.

“Anche noi della Uil riteniamo che il governo stia sbagliando su alcune cose, seppure sugli 80 euro e il taglio Irap il giudizio sia positivo – continua l’operaio dell’Eni – Siamo per manifestare, e se la Cgil avesse concordato un’altra data, magari a San Giovanni saremmo andati anche noi. Come è giusto arrivare a uno sciopero generale, ma attraverso un percorso lungo, fatto di mille vertenze territoriali. Ci sono gli statali senza contratto, c’è la minaccia all’articolo 18: i punti di contatto sono tanti, ma basta autoreferenzialità, uniamoci e facciamo contare i nostri 11 milioni di iscritti. Renzi vedrà che valgono di più del suo 41%”.