Se per i partiti «convenzionali» la questione Brexit è quantomeno spinosa, presso le più sanguigne fila dell’Ukip diventa un vero e proprio oggetto contundente.
Chiedetelo a Steven Woolfe, avvocato del Nord dell’Inghilterra, ex consigliere economico di Nigel Farage e aspirante leader dopo l’addio a sorpresa annunciato ieri, dopo soli diciotto giorni, da Diane James.

Woolfe è stato ricoverato d’urgenza per aver sbattuto la testa cadendo in seguito a un pugno sferratogli dal consistente collega di partito Mike Hookem.

Per qualche ora si è addirittura temuto per la sua vita, prima che arrivassero dal suo account dei tweet rassicuranti circa il suo stato di salute dopo il ricovero in ospedale.

Se si resiste a malapena alla tentazione di facili ironie – l’«alterco» avvenuto fra lui e Hookem, già disilluso laburista per una vita, rientra nella casistica storica delle scazzottate nei pub malfamati della madrepatria, le cure mediche «continentali» in questa Europa sanguisuga non devono essere poi così male, è solo perché Woolfe sta meglio dopo aver rischiato di lasciare questa valle di lacrime proprio nel giorno del suo quarantanovesimo compleanno.

Ma a cosa si deve una simile tragedia sfiorata negli ovattati locali dell’Europarlamento a Strasburgo? L’Ukip è un partito che dopo aver venduto al paese l’incognita Brexit è entrato in una spirale di autodisfacimento fomentato da beghe interne di potere: Diane James, leader per soli diciotto giorni subentrata al dimissionario Farage, ha lasciato mercoledì per ragioni personali e perché era diventato «Ormai è chiaro che non ho l’autorità sufficiente, né il pieno sostegno dei miei colleghi deputati europei e funzionari del partito».

Cotanto annuncio ha riattizzato ceneri tutt’altro che raffreddate nella lotta correntizia per la leadership.
Woolfe – delfino del forzato supplente Farage nel quale Nigel si era compiaciuto, ma meno xenofobo grazie alle origini irlandesi, ebraiche e caraibiche – quest’estate aveva maldestramente mandato in malora la propria candidatura a causa di un errore informatico che l’aveva spinta fuori tempo massimo. Un simile forzato forfait non ha fatto che incattivire la corsa al nuovo leader, risoltasi poi momentaneamente nel debole e osteggiato avvento di James.

Ora che quest’ultima si è chiamata fuori, Woolfe si preparava a riprovarci, stavolta con concreta possibilità di vincere, nonostante la rivalità che spacca trasversalmente il partito fra lui e Farage da una parte e l’unico deputato alla camera bassa nazionale, l’ex Tory Douglas Carswell, dall’altra.

Se non che Woolfe stesso si era, solo qualche giorno fa, detto intenzionato a entrare nella fila dei conservatori di Theresa May, che ha rimodellato il partito proprio su toni da hard Brexit proprio per recuperare i voti andati a Ukip.

Il suo voltafaccia non deve essere piaciuto a Hookem e i due hanno cavallerescamente deciso di comporre le proprie divergenze fuori dalla sala riunioni.
Turbolenze che segnano la mancanza di direzione di un partito che, ottenuto ciò che voleva, ma scavalcato a destra dai Tories, versa in piena crisi identitaria.