Forse troppo preso dall’allucinante campagna referendaria, al premier Renzi è sfuggita un altro «allucinante» fatto: il 30 novembre, due giorni fa, l’Italia ha votato a favore di sei risoluzioni assunte dall’Assemblea Generale dell’Onu su Israele e Palestina. Tra queste ce n’è una su Gerusalemme e l’aperta opposizione del Palazzo di Vetro alla sua occupazione da parte israeliana.

Niente di nuovo, di risoluzioni che ribadiscono da 50 anni che Tel Aviv ha occupato militarmente e illegalmente la Città Santa, città internazionale per l’Onu, ce ne sono a bizzeffe. Tanta carta, zero fatti. Ma qui ad emergere è il nuovo scivolone del governo italiano. Perché un mese e mezzo fa Renzi si scagliò contro la diplomazia italiana che si era astenuta nella votazione sulla risoluzione Unesco che condannava le violazioni compiute da Israele a Gerusalemme.

«È stato un errore, la risoluzione è allucinante. Non si può continuare con queste mozioni, una volta all’Onu, una volta all’Unesco, contro Israele. Ho chiesto espressamente ai nostri di smetterla con queste posizioni. Se c’è da rompere su questo l’unità europea che si rompa», aveva sbraitato il primo ministro super-europista ma disposto a chiudere bottega per l’amico israeliano. A quanto pare, però, i «nostri» non hanno capito e mercoledì hanno addirittura votato a favore di sei risoluzioni che dicono esattamente quello che l’Onu dice da cinque decenni: Israele è una forza di occupazione.

Ma a peggiorare la situazione c’è proprio la risoluzione su Gerusalemme, che ricalca quella Unesco. Ancora ci si chiede se Renzi l’abbia davvero capita quella mozione, assolutamente coerente con il diritto internazionale: tutelare un patrimonio mondiale, la Città Santa, le sue ricchezze architettoniche e storiche, le sue radici.

Secondo Tel Aviv l’Unesco puntava – con scopi politici – a negare i legami dell’ebraismo con Gerusalemme e il Muro del Pianto, quando in realtà ribadiva la contrarietà agli abusi delle autorità israeliane, in particolare contro la Spianata delle Moschee, e il tentativo palese di modificarne lo status quo. Pratiche di lungo periodo: raid, attacchi, arresti nel terzo luogo dell’Islam, ma anche l’autorizzazione ad entrare a gruppi estremisti ebraici come mera provocazione e gli scavi che – quasi in segreto – Tel Aviv porta avanti da tempo sotto il sito religioso.

La diplomazia italiana, è probabile, ha capito bene il contenuto e ha votato mercoledì in linea con la posizione ufficiale di Roma sul conflitto. Nello specifico, la risoluzione su Gerusalemme, A/71/L.22, passata con 149 sì, 7 no e 8 astenuti, «reitera la determinazione [dell’Assemblea Generale] per la quale ogni azione presa da Israele, il Potere occupante, volte a imporre le sue leggi, la sua giurisdizione e la sua amministrazione sulla Città Santa di Gerusalemme sono illegali e dunque nulle e prive di validità e chiede a Israele di interrompere immediatamente tutte le misure illegali e unilaterali».

Ovvia la voce che si è alzata dallo scranno israeliano: sostenere le risoluzioni significa non aiutare la pace, ha detto l’ambasciatore Danon. Che se l’è presa anche con il presidente dell’Assemblea Generale: durante le votazioni (indette nell’ambito della sessione speciale che si tiene ogni anno il 29 novembre in occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese) Peter Thompson ha indossato una sciarpa con i colori della bandiera palestinese.