La vittoria di Blatter. O la vittoria di Pirro. A scelta. Perché è questione di mesi, forse settimane, ma il vecchio Sepp mollerà la poltrona. Nonostante il monarca del calcio mondiale ieri al 65esimo congresso Fifa a Zurigo abbia incassato il quinto mandato consecutivo al vertice del pallone mondiale. Personaggi che pure spostano qualche voto come il presidente Uefa Michel Platini (che aveva chiesto il rinvio delle elezioni) si erano spesi sino all’ultimo per sostenere la candidatura del suo avversario di turno, il principe di Giordania Alì Hussein, che si è ritirato dopo aver ottenuto 73 voti nella prima votazione, con Blatter che si fermava a sette preferenze dal successo al primo giro.

Assieme a Platini gran parte dell’Europa, con il big bang del Fifagate sugli ultimi venti anni di calcio mondiale partito dagli uffici del dipartimento di Giustizia Usa, voleva Blatter in pensione.

Africa, Asia, Nordamerica e Sudamerica, l’altra fetta della geopolitica del calcio è rimasta dalla sua parte. Un pacchetto di voti conquistati nel tempo da Blatter, a suon di affari garantiti.

Il numero uno Fifa è stato fischiato a Zurigo, in una giornata tesa, tra un falso allarme bomba e un gruppo di manifestanti a favore della Palestina entrato nell’area di sicurezza, con intervento delle forze dell’ordine. Ma anche della stretta di mano tra delegati israeliani e palestinesi dopo il ritiro della mozione palestinese, che voleva Israele fuori dalla Fifa.

Il voto per Blatter però non cambia lo scenario a medio termine.

Lo scandalo delle mazzette (poco meno di 150 milioni finora, davvero una goccia nell’oceano), della Fifa grande contenitore di affari poco leciti, produrrà di certo un effetto boomerang. E l’esito delle indagini su Blatter – le autorità svizzere, che stanno conducendo un’inchiesta parallela a quella dell’Fbi sull’assegnazione dei campionati del mondo 2018 e 2022 a Russia e Qatar, lo interrogheranno presto, con Blatter obbligato a non lasciare la Svizzera -, sul suo eventuale coinvolgimento diretto nello scandalo, conterà fino a un certo punto.

È andato in pezzi un sistema, il suo sistema di potere, mandato a regime dai tempi della presidenza di Havelange, con Blatter segretario Fifa. Le accuse di immoralità all’attuale capo della Fifa durano da anni, dalla scelta di affidare i Mondiali 2018 e 2022 a Russia e Qatar, mai andata a genio a britannici, statunitensi, australiani, alla ricerca delle prove della corruzione diffusa negli uffici Fifa.

Stavolta quindi Blatter non salta la staccionata, troppo pesante il tonnellaggio degli avversari. Non solo uomini di calcio che conoscono il «sistema», oltre agli avversari di sempre come Diego Armando Maradona o Romario, ma leader politici come David Cameron e François Hollande che hanno chiesto le sue dimissioni. O come Angela Merkel, che ha espresso tutti i suoi dubbi sulla rielezione. Ha preso le distanze anche l’Onu, mentre il presidente del Cio Thomas Bach ha liquidato Blatter, ritenuto senza più i requisiti per «far splendere il calcio». Così come gli uffici giudiziari americani, che hanno accusato la Fifa con toni riservati alla criminalità organizzata, con espressioni tipo «un racket lungo 24 anni».

Insomma, si respira aria di fine impero. Tra chi resta fedele al capo e chi, come il presidente della Figc Carlo Tavecchio, era in dubbio se votare il totem della Fifa oppure saltare dalla nave, prima che affondasse del tutto.

Il primo ministro russo Vladimir Putin è rimasto saldo al fianco di Blatter, una posizione utile per difendere i Mondiali 2018 in Russia (diciamo fortemente caldeggiati da Putin allo stesso Blatter) e soprattutto per dare una spolverata alla Guerra Fredda 2.0 con gli Stati Uniti, da dove è partito il Fifagate.

Ma il vecchio Sepp è pragmatico. E conosce il suo destino. Pesa gli avversari, soprattutto annusa l’odore dei soldi, un fiuto che ha portato la Fifa a fatturare negli anni cifre a nove zeri, grazie agli sponsor. Una manna per il carrozzone di Zurigo: quasi un terzo del fatturato Fifa, come ricordava ieri la Gazzetta dello Sport, un tesoretto che nel quadriennio 2011/14 ha portato in cassa 4,7 miliardi di euro, arriva dal marketing.

E l’anno passato, ai Mondiali brasiliani, le entrate commerciali sono state pari a 382 milioni di euro, di cui 145 dai main sponsor Adidas, Coca Cola, Hyundai, Emirates, Sony e Visa e 108 da altri big come McDonald’s e Budweiser.

Ora il problema di Blatter sono le multinazionali che mettono il cappello sui grandi eventi con la griffe Fifa e che fuggono quando esplodono mine mediatiche come questa.

Adidas e Visa meditano l’addio. E mesi fa Emirates e Sony non hanno rinnovato il contratto per il nuovo ciclo 2015/18, dopo le polemiche per la controversa assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022. Al loro posto Gazprom, creatura di Putin. Ma, ovviamente, è solo un caso.