Questa storia degli attori con denti sempre più vistosi, bianchi, regolari e perfetti comincia a crearmi qualche problema. Mi capita sempre più spesso, al cinema, che invece di farmi prendere dal film mi ritrovo a pensare: «Ma guarda un po’ che denti s’è fatto/a». Sia chiaro, non rimpiango per nulla i tempi in cui le dentature mostravano tutta la loro perigliosa esistenza e mancanza di cure, però trovo che adesso ogni tanto si esageri.

In un viso, i denti non sono una cosa banale. Cambiare loro colore, dimensione, forma vuol dire trasformare l’espressione del volto. Certo, se uno vuole fare l’attore di cinema e si ritrova con gli incisivi spezzati e accavallati come Tom Cruise da ragazzo, o con un premolare mancante come Nicholas Cage, l’intervento è più che comprensibile. Ma altri, vedi Steve Buscemi, Romain Duris o il nostro Silvio Orlando, hanno fatto della dentatura irregolare un segno caratteristico che li umanizza, li rende perfetti per ruoli di gente comune, o fuori di testa, o borderline, difetti compresi. La faccenda dell’estetica dentaria non è riducibile al semplice dente bello o non bello, bisogna anche tener conto di come qui denti si collocano in quel volto e ne determinano l’espressione. Se Kristen Dunst raddrizza i canini sporgenti acquista sì un sorriso più tranquillizzante, ma perde quell’aria vagamente vampiresca che faceva pensare alle possibli sfaccettature della sua personalità.

Quando Ben Affleck sostituisce i denti piccoli e irregolari con altri più grandi e uniti, si ritrova con un’aria un po’ da bisteccone che non c’entra nulla con l’espressione mansueta degli occhi. Se da una parte Hollywood ha una lunga tradizione in fatto di correzione dei connotati e la corsa a sbiancamento e faccette dentali è solo una delle tante manie (e non sarà l’ultima), dall’altra c’è la vecchia Europa che per decenni s’è tenuta i sorrisi che capitavano, e in certi casi c’è da dire per fortuna.

Riuscireste a immaginarvi Gèrard Philipe con i denti ben allineati invece che con i suoi canini appuntiti? O Hugh Grant con gli incisivi inferiori non più accavallati? O il delicato volto di Keira Knightley senza quei dentoni irregolari? O Vanessa Paradis, Laureen Hutton, Ornella Muti, senza diastema (separazione degli incisivi)? Fra i pochi attori che si possono perdonare ci sono Fabrice Luchini e Jean Rochefort. Le loro evidenti dentature iper giovanili creano un contrasto così netto con i segni del tempo sul volto, da produrre un singolare straniamento, un effetto visivo quasi surreale che accentua la complessità dei personaggi. Anche se è vero che un sorriso nuovo dà più sicurezza e gioia di vivere, siccome non tutti hanno una personalità che riesce a sovrastare il lavoro di un dentista un po’ troppo entusiasta, è meglio valutare molto bene l’effetto finale prima di procedere a un cambiamento. Un capitolo a parte lo occupano quelli che la bocca non la aprono mai, o quasi, per cui ci si deve sforzare per ricordare che denti hanno. Una di queste è Isabelle Huppert che sorride di rado e quando lo fa resta a bocca chiusa. È vero che i personaggi che interpreta sono complessi, ambigui, inquietanti, anti eroine più propense al dramma che alla risata, però Huppert non ride quasi mai a 32 denti nemmeno sui red carpet o alle premiazioni. Sorride, ma non si sganascia.
Che sia una scelta di stile o una questione di carattere poco importa, lei non ha bisogno di mostrare i molari per dar vita a un personaggio. Anche per questo vorremmo sapere se e quando Elle, il film di Paul Verhooven da lei interpretato e presentato a Cannes 2016, arriverà nelle sale italiane.

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