Si chiama Mahmud Mustafa l’attentatore suicida 22enne che domenica al Cairo ha ucciso 23 egiziani cristiani copti e ne ha feriti altri 49 durante la messa nella cappella di San Pietro e Paolo, annessa alla cattedrale ortodossa di San Marco. Lo ha annunciato il presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi durante i funerali di stato – preceduti da una messa nella chiesa della Vergine Maria, a pochi km dal luogo dell’esplosione, celebrata dal papa copto Tawadros – che si sono svolti ieri in una Cairo blindata davanti al memoriale del Milite Ignoto. Una cerimonia accompagnata dalle urla strazianti e la disperazione di parenti e amici delle vittime e di tanti egiziani che con la loro presenza hanno voluto affermare il rifiuto della violenza religioso. Al corteo funebre oltre a papa Tawadros, vescovi e sacerdoti, hanno preso parte il primo ministro, Sherif Ismail, e numerose personalità religiose (cristiane e musulmane) e politiche. Le salme delle 23 vittime, in bare avvolte nelle bandiere, sono state portate da militari in alta uniforme.
«La catastrofe della chiesa di San Pietro – ha detto papa Tawadros – è quella di tutti e non solo delle chiese. Queste vittime sono martiri della patria e l’effusione di sangue di chiunque è condannata severamente da Dio». Il patriarca copto ha sottolineato come «le condoglianze presentate dallo Stato hanno consolato la Chiesa e le famiglie dei defunti» e ribadito la necessità di un rafforzamento dello spirito unitario di musulmani e cristiani egiziani contro gli attentati, come quello di domenica.
El Sisi non ha fatto seguire al suo annuncio alcuna indicazione dell’appartenza di Mustafa ad un particolare gruppo politico. Si sa soltanto che quattro presunti complici del giovane (tre uomini e una donna) sono stati arrestati ed altri due verrebbero ricercati. Piuttosto ha negato che intorno alla cappella di San Pietro e Paolo e alla cattedrale di San Marco non fossero state predisposte adeguate misure di sicurezza, come domenica denunciavano centinaia di egiziani copti scesi in strada dopo l’attentato. El Sisi ha quindi sollecitato il parlamento a studiare modifiche delle leggi che facilitino la magistratura nel suo lavoro. Parole che portano ad immaginare un ulteriore aggravamento della repressione nel Paesi, volta a colpire non tanto i responsabili di attentati e atti di violenza quanto indiscriminatamente tutti gli oppositori politici, a cominciare dai Fratelli musulmani messi fuorilegge dopo il golpe militare del luglio 2013 contro il presidente islamista Mohammed Morsi.
Sulle indagini regna il riserbo. Per ora si sa soltanto che Mustafa è entrato nella cappella dove erano presenti in maggioranza donne e bambini e ha azionato la cintura esplosiva che indossava con 12 kg di tritolo. Non è escluso che il giovane fosse collegato ai jihadisti affiliati allo Stato Islamico che combattono una guerra senza respiro contro l’esercito egiziano nella penisola del Sinai. Un conflitto che va avanti da anni e che ha fatto centinaia di morti, molti dei quali soldati e civili.