Per il mondo, non solo per la cristianità, l’ incontro di venerdì prossimo all’Avana tra papa Francesco e il Patriarca russo Kirill sarà un evento storico. Per Cuba sarà «un orgoglio» ospitare la prima riunione dei leader delle due chiese cristiane che si separarono quasi mille anni fa, ma anche «la dimostrazione della vocazione di pace» dell’isola, già impegnata come mediatrice nel lungo processo di pacificazione tra il governo della Colombia e la guerriglia delle Farc. Per il presidente cubano Raúl Castro, la foto assieme ai due massimi rappresentanti della cristianità, costituirà un indubbio successo personale.

Le differenze tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa – tra l’altro la chiesa orientale non riconosce il primato del papa romano – iniziarono nel IV secolo e si cristallizzarono con lo scisma del 1054. L’antagonismo ebbe un ritorno di fiamma dopo il crollo dell’Urss nel 1991, quando la Chiesa ortodossa divenne uno dei pilastri della nuova identità russa, ruolo poi rafforzato da Putin quando divenne presidente. A rappresentare questa nuova fase vi era il Patriarca Alexei II, formatosi ai tempi dell’Urss e, si sussurrava allora a Mosca, che avesse avuto il benestare dei servizi segreti, il famoso Kgb, per la sua nomina. Alexei II si oppose con estrema durezza a un viaggio dell’allora papa Wojtyla in Russia. Kirill, che era in quegli anni metropolita di Smolensk e Kaliningrad, e svolgeva funzioni di «ministro degli esteri» della chiesa ortodossa russa, aveva posizioni più aperte nei confronti della Chiesa romana e in generale con l’Occidente.

Le trattative per riprendere un dialogo sono iniziate due anni fa ma hanno subìto un incremento di velocità l’anno scorso, soprattutto per le posizioni fortemente ecumeniche di papa Francesco e a seguito della posizione assunta dal Vaticano nei confronti della crisi tra Russia e Ucraina. Il fattore che però ha contribuito a superare le differenze è stata – come ha affermato il metropolita Ilarion nel dare l’annuncio dell’incontro – la comune preoccupazione per la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in Africa del Nord.

Kirill però ha messo come condizione che l’incontro non avvenisse in Europa – i cui paesi sono visti come storicamente «complici» del Vaticano. Dunque la «finestra» di opportunità è stata individuata nel viaggio che i due leader religiosi faranno in America latina, papa Francesco in Messico, il Patriarca di tutte le Russie in Brasile e Paraguay.

Come «porta» dell’America latina è stata scelta Cuba. Kirill ha sempre avuto buoni rapporti con l’isola e soprattutto con Fidel Castro, col quale si è incontrato in tre occasioni. L’ultima nell’ottobre del 2008, quando Kirill, non ancora Patriarca, era giunto nell’isola per inaugurare la prima chiesa ortodossa dell’Avana. L’incontro fu una testimonianza evidente del rispetto che il metropolita russo aveva per il leader della rivoluzione cubana che da due anni aveva lasciato la presidenza al fratello a causa di una grave malattia. I due discussero di vari «temi internazionali», sulla base di comuni posizioni di critica al capitalismo liberista, ambiente e centralità dell’essere umano e non del capitale. Da parte sua, papa Bergoglio è stato uno degli artefici della fine della cinquantennale guerra fredda tra Stati Uniti e Cuba e del processo in corso di normalizzazione tra Washington e l’Avana. Nel suo viaggio apostolico dell’anno scorso, Francesco aveva chiaramente ribadito il suo ruolo di «ponte» tra le due capitali.
Papa Bergoglio e Kirill si incontreranno all’aeroporto José Martí dell’Avana, dove avranno un colloquio di un paio di ore e si prevede firmino una dichiarazione congiunta. Li accoglierà il presidente Raúl Castro, ospite e organizzatore dell’evento – annunciato ieri in prima pagina dai due giornali del partito comunista cubano – che dunque parteciperà alla foto storica dell’incontro tra i leader delle due grandi chiese cristiane.

«Per il presidente cubano – afferma Enrique López Oliva, professore di storia delle religioni – si tratta di un nuovo successo. La foto di Raúl tra i due leader cristiani segue quella, recente, dell’incontro col presidente della Francia Hollande all’Eliseo, segno di una nuova fase di rapporti con l’Europa, e quella dell’anno scorso con il capo guerrigliero delle Farc, “Timoshenko” e il presidente della Colombia Juan Manuel Santos. Cuba si conferma così, non solo la “porta dell’America latina”, e, dopo l’inizio del processo di normalizzazione con gli Usa, ritorna a occupare un ruolo internazionale».

«Non può non attirare l’attenzione – prosegue López Oliva – poi, che questo storico incontro avvenga nell’isola che, nella Costituzione del 1975, si proclama paese ateo. Le riforme attualmente in corso a Cuba sono, ufficialmente, di carattere solo “economico e sociale”, ma nei fatti la Chiesa cattolica assume un ruolo politico nell’isola senza precedenti, a dimostrazione che Cuba, in previsione del cambio di leadership (Raúl lascerà la presidenza nel febbraio 2018), deve pensare anche a riforme politiche».

La Conferenza episcopale cubana, in un suo comunicato, ha messo in risalto che questo storico incontro è frutto della volontà di papa Francesco di «rompere barriere» e soprattutto di «favorire il dialogo interreligioso». Ruolo che anche la chiesa cubana condivide, infatti non viene escluso un incontro tra Kirill e il cardinale Ortega, sostenitore della linea del papa e artefice del processo di rinnovamento dei rapporti tra la Chiesa cattolica e il governo di Raúl Castro.