Ti trovi in una città che combatte per sopravvivere, la capitale greca, ma accanto alle attività costrette a chiudere scopri i teatri grondanti di pubblico. Gli artisti si organizzano per fronteggiare la crisi interagendo con la vasta rete delle strutture sociali autogestite, mense e cliniche sociali. Rimaniamo nel quartiere Neos Kosmos, mondo nuovo, dove si trova il teatro che abbiamo appena visitato (in questo quartiere arrivarono i greci fuggiti dalla Turchia di Ataturk dopo il massacro del 1922. Ma sono stati discriminati anche qui). Ora di pranzo, ci dirigiamo verso la mensa sociale. Una rampa di scale, ingresso, sala da pranzo e cucina, aria di casa privata. Ai fornelli Giorgios, un utente e insieme parte attiva del servizio, prepara il pastizio. «È la logica con cui concepiamo tutti i servizi autogestiti, sono gratuiti, ma gli utenti devono partecipare ad organizzarli, non possono essere oggetti passivi», ci spiega Makis Pelapanis, uno dei cinque promotori iniziali della rete «solidarity4all» all’interno di Syriza. «Abbiamo iniziato come doposcuola nel 2011 ma a un certo punto ci siamo accorti che i ragazzi a cui davamo lezione erano sottonutriti. Così è nata la mensa sociale». Se ne servono circa 250 persone. 35 mangiando qui ogni giorno, perché a casa non hanno più la corrente elettrica. Senza luce e riscaldamento come altre 300 mila persone ad Atene metropoli (con i sobborghi, circa 5 milioni di persone, la metà degli abitanti della Grecia). Altre 200 invece si portano del cibo a casa e lo cucinano lì. Peggio ancora stanno altri 8, mangiano qui, ma vivono per strada. «Li aiutiamo con vestiti e cibo. Molti alberghi in città sono chiusi, il governo dovrebbe aprirli mettendoli a disposizione dei senzatetto che ad Atene sono circa 100 mila» accusa Makis. Mezzi per comprare cibo non ci sono. «Lo raccogliamo una volta la settimana davanti al supermercato o nei negozi gestiti da cooperative legate direttamente ai produttori. Il teatro Neos Kosmos ci aiuta a pagare le bollette e a raccogliere fondi. Molta gente del vicinato collabora ed aiuta perché sa che è facile trovarsi nella stessa situazione». Il quartiere. 150 mila abitanti, era di classe media, ormai sparita. La mensa- ne esistono altre 40 simili- non offre solo aiuto materiale, ma anche programmi per bambini dai 5 ai 12 anni. «Vengono da noi ogni domenica per giocare, andare in un museo o al teatro. Vorrei che possano avere le stesse cose che avevo io quando ero bambino. Il teatro ci dà biglietti gratis. Amiamo il teatro, ti apre la mente e ti fa vedere le cose in maniera differente». Infatti i bambini qui hanno lavorato con un attore producendo due spettacoli. È tu come te la cavi? chiediamo a Makis prima di congedarci. «Vivo con mia madre. È disoccupata, lavorava in un impresa di pulizia. Prima vendevo assicurazioni sanitarie private, non li compra più nessuno, i soldi bastano giusto per un po di cibo e bisogna essere contento quando è così».
Appuntamento musicale. Diviso tra riprese per il suo nuovo cd e il congresso di Syriza Stathis Drogosis ce l’ha fatta ad incontrarci. 37 anni cantautore e consigliere al comune di Atene governato da un sindaco «simile a Renzi» racconta. È in partenza per Nafplio, l’ex capitale della Grecia, per un concerto di raccolta fondi per i detenuti. «Anche in prigione c’è chi è più povero degli altri. C’è gente che non dispone neppure di uno spazzolino da denti o di una carta telefonica». Stare in un partito lo mette in crisi ci racconta. «Io sono un musicista, un anarchico, non volevo far parte di un partito, ma vivo in un paese che è un inferno, con un 30% di disoccupati. La politica di austerità ci uccide, uccide la mia generazione, la gente del sud. Dobbiamo mandare a casa questo governo». Cantante affermato che in passato collaborava con Theodorakis, 4 album propri pubblicati, Drogosis riesce a vivere dal suo lavoro di musicista, tra concerti, cd, e diritti d’autore. «L’arte e la musica sono molto seguiti in Grecia, amiamo andare agli spettacoli e vedere gli artisti, c’è un mercato molto grande». Quello dei cd è crollato, come ovunque, le case discografiche greche sono fallite. Dal 2011 Drogosis i suoi cd se li produce e distribuisce da solo. La musica in Grecia ci spiega è nettamente divisa tra chi fa musica greca e musica di tipo angloamericano. Così anche il pubblico, chi sente un tipo di musica, non sente l’altro». Statis prova strade «strane« dice, i testi ispirati alla poesia greca, senza contenuti politico sociali. Su quei temi però è un fiume in piena: il budget per la cultura dimezzato, un unico impiegato per gestire l’intero settore….L’incubo, i neonazisti da fronteggiare. «Aggrediscono la gente ai concerti. Hanno compiuto un sacco di assassini mai perseguiti, di immigrati clandestini di cui si sono perdute facilmente le tracce. Solo quando è stato ucciso un greco, il giovane rapper Pavlos Fyssas la polizia ha cominciato ad arrestarli. È nato un movimento antifascista dei musicisti». L’esperienza di cui va più fiero ci dice Drogosis è la creazione dei «Conservatori sociali».
Ne parliamo con Yioula Ntousikoy, flautista che incontriamo nella sede di Syriza in piazza Elefteria. La mattina lavora nell’ufficio stampa, il pomeriggio insegna al Conservatorio sociale. Suonava nell’Orchestra sinfonica della radio che è stato chiuso nel 2013, come anche l’Orchestra dei colori e la maggioranza delle orchestre sinfoniche greche. Yioula insegnava al conservatorio, che alla fine le pagava solo 90 euro al mese. «Secondo il numero dei bambini presenti, sempre di meno perché non potevano più permettersi la retta. L’educazione musicale è stata tagliata per prima». Così un movimento di musicisti ha dato vita ai Conservatori sociali, per offrire una possibilità a bambini con i genitori disoccupati o ai rifugiati minori non accompagnati. Lezioni gratuite, musica classica, folk e jazz, teoria, strumenti e canto. Vi insegnano una cinquantina di musicisti disoccupati ma anche occupati. «Gli studenti sono un centinaio, ma abbiamo 500 domande e non riusciamo ad accoglierle. L’organizzazione del conservatorio sociale è collettiva, basata sulla democrazia diretta, come le altre strutture di «solidarity4all». Decide l’assemblea generale a cui partecipano anche i genitori. a loro viene richiesto un contributo attivo. «Mi sono accorta del cambiamento dei genitori quando capiscono che il conservatorio non è solo un parcheggio per i figli. Trovando aiuto si assumono delle responsabilità in prima persona e capiscono che nessuno va lasciato solo nella crisi, cominciando ad estendere la rete di solidarietà nel loro vicinato».
Monasteraki, un tempo il cuore ottomano di Atene. Piazza gremita, eccoli, aria rock, Domenico Bonassi, chitarra e voce, antenati italiani, e Dimitris Tzimeas, chitarrista, di Radio Sol, band formata nel 2008, dopo lunghi giri per l’Europa. Musica tra ska, reggae e indie, si autodefiniscono, «Siamo davvero oltre la divisione tradizionale nella musica in Grecia». Scrivono musica e testo, in greco. Concerti nei Cafe e per strada, con la crisi tutto è diventato più difficile: I contributi assistenziali sono diventati più alti, ai locali costa di più fare suonare i gruppi, non forniscono più attrezzature. Ad Atene poi c’è molto controllo della polizia, spiegano, è il peggior posto possibile per artisti di strada. Ti mandano via e ti sequestrano gli strumenti, per occupazione di spazio pubblico e accattonaggio. «È un abuso, c’è una legge europea che dice che fare musica per strada non è accattonaggio». In più c’è Alba Dorata. «Ora viene fatto il processo per organizzazione criminale. È una mafia nascosta sotto la bandiera del patriottismo, la stampella del governo. Quando è stato ammazzato Fyssas la polizia non è intervenuta, è stata a guardare». Hanno visto scene simili di complicità: «Un negozio pakistano dove c’è troppo rumore? Arriva Alba dorata e lo distrugge, la polizia sta a guardare, o è la polizia stessa a chiamarli». Partecipano assidui ai concerti antifascisti. Non riecono a vivere della propria musica, devono fare altre cose: traduttore, informatico, teatro, ingegnere del suono. «Ci stiamo avvicinando a una specie di africanizzazione della vita, però diciamolo, noi da sempre abbiamo vissuto così, da precari. Solo che prima il nostro stile di vita era minoritario, invece ora è diventato maggioranza». Vivono a Metaxourgeio il 45% immigrati e rom, ma negli ultimi anni sono arrivati a frotte artisti e creativi. Insieme organizzano festival di quartiere multiculturali. Cosa si aspettano dal voto di domenica? «Speriamo che vinca Syriza, ma non ci aspettiamo niente. Fino al momento in cui non si vede un cambiamento concreto non speriamo in niente. Facciamo una vita underground, e sarà così anche dopo».
Psirri, antico quartiere popolare diventato luogo alla moda e perciò a rischio di gentrification. Torniamo a teatro, e quale teatro… ci troviamo nell’Embros, simbolo e snodo delle attività culturali collettive gestite dal basso, il Valle di Atene. Solo che qui a differenza di Roma l’occupazione continua, con programmazione quotidiana. A-privazione, stand up tragedy uno degli spettacoli in corso, «musical surrealista e delirio dipinti con i colori della rivoluzione». Nell’ottobre 2011 il collettivo di artisti ed intellettuali «Kinisi moveli» occupò il teatro riattivando uno spazio negli anni abbandonato. Da allora ripetuti i tentativi di cacciarli via: prima lo sfratto intimato da Etad, una nuova società incaricata della vendita dei beni pubblici, poi nel 2013 chiusura con i sigilli voluta stavolta da un’altra società, la Hellenic Republic Asset Development Fund (Hrade) responsabile per la privatizzazione dei beni pubblici. Pochi giorni dopo il teatro riapre, due attori vengono arrestati, tra ottobre e novembre di quest’anno verrà celebrato il processo. Intorno all’Embros si è formata una vasta mobilitazione internazionale ma anche del quartiere circostante. «In un periodo di totale abbandono della cultura da parte dello stato difendere uno spazio culturale ed urbano nato dal basso era cruciale» commenta Dimitri Cosmidis, storico e antropologo sociale che ha vissuto tutte le fasi fin dall’inizio «le iniziative dal basso creano un campo culturale concepito come bene comune, commons, vuol dire né pubblico né privato». Circa un migliaio di gruppi greci e esteri hanno partecipato alle attività dell’Embros, spettacoli, dibattiti, concerti, dall’Italia ha tenuto una conferenza Giorgio Agamben.
L’ autogestione si basa su un’assemblea settimanale, ogni domenica, aperta a tutti, artisti, intellettuali, cittadini. Questa elegge un «gruppo di gestione» che rimane in carica per un mese. «Siamo un luogo di sperimentazione, inventiamo dei modi di gestione – spiega Comidis – cerchiamo di usare gli strumenti della recita (performance) per recitare (perform) un’assemblea. La nostra è un’occupazione culturale, che tiene uniti arte e attivismo politico sociale, evitando di confonderlo con dei partiti specifici». La logica è antiistituzionale: «Le istituzioni pretendono una identità chiara, le assemblee invece si connotano per fluidità, non esiste un direttore artistico ma una enorme proliferazione di cose e idee». I conflitti come si affrontano? «Abbiamo un metodo, non votiamo, prendiamo le nostre decisioni all’unanimità». Su di te come ha inciso la crisi? chiediamo. «Ho lavorato all’università, come giornalista, come ricercatore indipendente traducevo libri di teoria critica dal francese. Fino al 2007 percepivo uno stipendio dal National geographic di cui ero editor e dal National theater con cui collaboravo. Ora non ho più uno stipendio fisso, vengo pagato per le singole cose che faccio, in pratica lavoro di più e guadagno di meno. Cosa mi aspetto dalle elezioni? Un governo di Syriza, ma governo e potere non sono la stessa cosa, abbiamo bisogno di un movimento molto forte in Grecia ma anche in Europa».
Pireo, fuori città, sulle orme di Pavlos Fyssas, in arte Kyllah P, il giovane rapper ucciso dai nazisti di Alba dorata nel novembre 2013. Con la splendida metropolitana di Atene – è costata tre volte di più del dovuto ci hanno fatto notare – arriviamo velocemente. Con l’autobus raggiungiamo il quartiere Amfiali zona Keratsini. Siamo al bar, vicino al luogo dove Pavlos fu accoltellato, a sangue freddo. Trentadue anni, attivista di Antharsia, un gruppo trotzkista. Nikos il gestore lo conosceva molto bene, fin da quando era bambino. «Era un ragazzo semplice, viveva per un sogno, una società migliore. E amava la musica. Non aveva molti soldi, ma aiutava molte persone con vestiti e cibo, sempre disponibile e sorridente, un ragazzo d’oro». Nikos ha gli occhi umidi. «Piangi lentamente, spaventati lentamente» è un verso di Pavlos che ricorda. Al bancone conosciamo Patroklos, amico del padre di Pavlos. Prima della tragedia li univa la comune passione per le dodici divinità greche antiche. Parliamo della crisi. «Ho sempre pensato che si lavori per vivere, invece ci tocca vivere per lavorare». Perso il suo lavoro da assicuratore, si è inventato un altro, la vendita online di prodotti sanitari e cosmetici. «Guadagno ora più di prima» confessa. Come vota? «Syriza, sono convinto che vince, anche con 7, 8 punti di vantaggio. Spero solo che Tsipras una volta eletto non prenda ordini da nessuno». Come ha votato prima? «Comunista, Sinaspismos, sono cresciuto in una famiglia comunista. Mio padre era operaio edile, ha costruito questo palazzo in cui ci troviamo».