Secondo la rivista Science, la scoperta scientifica più importante del 2015 si chiama Crispr-Cas9. È una nuova tecnica di modificazione genetica: usando la proteina Cas9 come un bisturi e una sequenza di Rna come guida, riesce a tagliare il Dna nel punto desiderato, correggendo o disattivando un gene difettoso. Non è il primo metodo in grado di farlo, ma è decisamente più economico e facile da applicare, visto che con 30 dollari qualunque laboratorio può dotarsi degli ingredienti necessari (altre tecniche costano dai 450 dollari in su). Grazie alla sua facilità d’uso, le ricerche si sono moltiplicate. Le pubblicazioni scientifiche dedicate alla tecnica Crispr nel 2015 sono state oltre 1200, una cifra che dal 2012, in cui è stata scoperta, ogni anno è raddoppiata.

Questa esplosione di interesse non riguarda solo l’accademia, ma anche le società farmaceutiche interessate alle possibili applicazioni: la creazione di organismi geneticamente modificati utili all’uomo, lo sviluppo di terapie per curare malattie genetiche, l’intervento sugli embrioni per correggere eventuali difetti genetici sono i settori più promettenti e anche i più discussi. I primi risultati sono arrivati quest’anno: sono state create zanzare Ogm in grado di debellare la malaria, cani con muscoli da culturista, maialini bonsai. La tecnica funziona molto bene, anche se proprio sugli embrioni umani essa si è dimostrata meno efficiente. Per ora.

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Emannuelle Charpentier e Jennifer Doudna

Come sempre, quando si tratta di farmaci, sarà importante accaparrarsi i brevetti più redditizi. La tecnica Crispr è già stata brevettata dal sino-americano Feng Zhang del Broad Institute di Boston, con grandi contestazioni da parte delle pluripremiate ricercatrici Emmanuelle Charpentier (francese, intervistata dal manifesto il 1 dicembre, http://ilmanifesto.it/lediting-del-genoma/) e Jennifer Doudna (Usa), che rivendicano il loro primato. Nei prossimi mesi si attendono le prime sentenze su chi abbia diritto di sfruttare la tecnica. Al momento, l’uso di Crispr a scopo di ricerca è libero. Ma la fase delle sperimentazioni cliniche sembra avvicinarsi, e con essa quella delle grandi battaglie in tribunale.

Per misurare la posta in gioco basta leggere le cifre. Nel 2015, colossi come Glaxo, Bayer, Novartis e Vertex hanno investito complessivamente 700 milioni di dollari per accordi commerciali con le società fondate dagli stessi scienziati che hanno inventato la tecnologia Crispr. L’ultimo contratto è quello da 335 milioni, firmato dalla Bayer e dalla Crispr Therapeutics, la società di Charpentier.

La Bayer e le altre sperano di lanciare sul mercato nuove terapie geniche. Il progetto non è originale. La speranza di correggere anomalie genetiche era già forte alla fine del secolo scorso, quando il Progetto Genoma Umano fornì una mappa dettagliatissima del nostro Dna. Le prime verifiche, però, mostrarono che quella mole di informazioni era ancora insufficiente: nel 2005, cinque bambini sui cui fu sperimentata un protocollo genetico svilupparono la leucemia, e a molti passò la voglia di parlare di terapie geniche.

Nemmeno la tecnica Crispr è perfetta. Ad esempio, gli scienziati per ora non riescono a eliminare la possibilità che vengano modificate zone del Dna indesiderate, con pericolosi effetti collaterali. Ma il gran numero di ricercatori che la stanno utilizzando sforna progressi a ritmo quotidiano. È plausibile che presto si raggiungano livelli di efficienza tali da consentire nuove sperimentazioni.

Se chiunque può modificare il Dna, però, farsi prendere la mano è facile. Chi impedirà di utilizzare il metodo Crispr per intervenire sugli embrioni e disegnare a tavolino i bambini del futuro? Già oggi conosciamo varianti genetiche che prevengono da patologie diffuse come Alzheimer, infarto o fratture ossee. Siamo sicuri di non volerle risparmiare ai nostri figli e nipoti, come già facciamo per la poliomelite o il vaiolo?

Non è un caso che sia stata proprio Jennifer Dounda a lanciare l’allarme: prima di applicare la tecnica Crispr sugli embrioni, è bene che la società sia ben informata delle conseguenze e della applicazioni, e che vengano posti paletti precisi. La politica per ora non sembra molto interessata. In fondo, nei paesi più avanzati le norme bioetiche sulle terapie geniche ci sono già e dovrebbero applicarsi anche alla tecnica Crispr. Tuttavia, dato che qualunque laboratorio è ora in grado di modificare il Dna, c’è il rischio che nascano «paradisi genetici» in cui tutto è lecito.

Doudna e colleghi hanno organizzato una conferenza a Washington nello scorso dicembre per mettere d’accordo la comunità scientifica, con un risultato parziale. Gli scienziati non hanno messo al bando nemmeno temporaneamente le sperimentazioni sugli embrioni, limitandosi a giudicarle «irresponsabili». Se la politica e gli scienziati si tirano indietro, toccherà al mercato fissare le regole.