Opportunamente taciuta, una novità sostanziosa potrebbe essere saltata fuori, mercoledì pomeriggio, dal cilindro del Nazareno. Non un ritocco apportato all’Italicum ma una modifica radicale delle sue fondamenta: l’assegnazione del premio di maggioranza non più alla coalizione ma alla lista che supera il 40%, o che, in caso contrario, si aggiudica il ballottaggio. Una decisione finale non è ancora stata presa, ma di questo hanno parlato a palazzo Chigi i due soci del patto. Senza entrare nel merito, come se fosse un particolare da citare di sfuggita, Berlusconi ha detto ieri ai suoi che Renzi aspetta una risposta a stretto giro: entro il prossimo lunedì.
Si scrive patto a due, però si legge «a tre». Una legge così rimodellata andrebbe benissimo anche al M5S, che certo non si spingerebbe fino a votarla ma nemmeno alzerebbe le barricate per frenarla. E senza l’ostruzionismo della truppa pentastellata, un’approvazione quasi indolore della legge al senato sarebbe garantita. In questo modo, oltretutto, verrebbe eliminato l’elemento a maggior rischio di incostituzionalità del progetto Italicum, la soglia di sbarramento differenziata per i partiti che si coalizzano e per quelli che si presentano da soli. Una volta eliminate le coalizioni, la soglia di sbarramento verrebbe portata per tutti al 5%, spuntando così in partenza le prevedibili proteste dei partiti minori, fortemente penalizzati dalla geniale innovazione.

Sono fondamentalmente tre i partiti che verrebbero messi in pericolo di vita dall’eventuale scelta di assegnare il premio alla lista. Per la Lega, però, si tratta di un rischio limitato. Il Carroccio fa da sempre il pieno di voti quando si presenta da solo: non dovrebbe avere troppe difficoltà a superare la soglia. Diversa la situazione per Sel e per i centristi. Il partito di Vendola verrebbe messo letteralmente con le spalle al muro da una legge elettorale così rimodellata, ma difficilmente avrà la forza o gli strumenti di ricatto necessari per bloccare l’operazione. Tanto più senza la sponda dell’M5S. Quegli strumenti di ricatto li avrebbero, invece, i centristi, in particolare l’Ncd, almeno sulla carta. Ma si tratta di un partito molto più allo sbando di quanto non sembri, con intere aree che stanno già fiutando di la via migliore per salvare la pelle: o cercando scampo nelle amministrazioni locali, oppure intavolando trattative, anche individuali, con l’uno o l’altro dei partiti maggiori. Con l’ex casa madre azzurra, ma anche con il «nuovo» Pd di Matteo Renzi. Comunque, difficilmente potrebbero denunciare come proibitiva, a fronte delle ambizioni più volte conclamate, una soglia non elevatissima come sarebbe quella del 5%.

Il solo vero ostacolo potenzialmente insormontabile sarebbe dunque il no di Silvio Berlusconi. Sulla carta quel veto sembrerebbe inevitabile: per sperare di vincere le elezioni, l’ex Cavaliere può puntare solo su una coalizione quanto più ampia possibile. Le cose però stanno diversamente. Chi ci ha parlato nei mesi estivi rivela che a Berlusconi, oggi, la sola parola «coalizione» fa venire l’orticaria. Significherebbe infognarsi di nuovo in estenuanti trattative con gli uni e con gli altri. Significherebbe dover passare mesi a mediare tra posizioni inconciliabili come quelle degli anti euro di Salvini e dei soldatini di Bruxelles come Alfano. Il gran capo ha già dato, ha pure una certa età, non ne ha più voglia. La legge modificata gli consegnerebbe senza colpo ferire il ruolo di diarca nel paese: un saldo infinitamente più prezioso di qualsiasi singola concessione di questo o quel particolare sulla riforma della giustizia o in materia di etere.

Quanto a Renzi, per lui il premio alla lista invece che alla coalizione comporterebbe solo vantaggi e sarebbe del tutto funzionale alla strategia che ha impostato: resistere almeno altri tre anni, ottenendo così comunque qualche risultato, e poi affrontare le urne come partito unico del centrosinistra. L’ultima parola non è detta, ma di certo dalla quarta puntata del Nazareno l’ipotesi di un’Italia ridisegnata a misura di due partiti più uno è uscita immensamente rafforzata.