Pochi sanno che i curdi in Siria sono circa il 9% della popolazione, sono la più grande minoranza etnica del paese. Vivono prevalentemente nel Kurdistan della Siria che geograficamente è situata a nord e nord-est del paese ma anche ad Aleppo e a Damasco sono presenti significative comunità curde.

I curdi negli ultimi 90 anni hanno dovuto lottare per preservare la propria esistenza. Sono stati massacrati da tutti i governi che sono succeduti in Iraq, in Turchia, in Iran e in Siria. In quest’ultimo paese, nel corso della massiccia politica di arabizzazione iniziata nel 1962, a circa 200 mila cittadini curdi è stata negata la cittadinanza siriana.

Questo gruppo di cittadini senza patria, insieme ai propri discendenti anche loro senza diritti, non hanno nessuna identità, in quanto il regime siriano prima nell’era del padre Hafiz Al Assad poi quello del figlio Bashar Al Assad non hanno mai riconosciuto questi curdi come cittadini di quel Paese.

Dopo la presa del potere di Bashar al Assad, nell’estate del 2000, si inizia una timida apertura, tra governo e la popolazione curda. Venne rimosso gran parte dell’apparato di sicurezza e della polizia politica della regioni curde e ordinato ai funzionari del partito al potere Al Baath di confrontarsi con i leader dei partiti curdi, i quali subito avanzarono le loro richieste in termini di incremento dei diritti culturali e politici. Ma, nel marzo 2004, la situazione precipitò nuovamente a causa di una dura repressione senza precedenti, seguita a manifestazioni di piazza sfociate in scontri; allora il capo della famigerata (Mukhabarat) polizia segreta della città diede una risposta spropositata che provocò 46 morti, centinaia di feriti più di 2.000 arresti.

La situazione rimase invariata fino alla rivolta della popolazione Siriana contro il regime di Assad nel 2011. All’indomani dell’abbandono degli apparati governativi dalle zone curde. I curdi per colmare il vuoto lasciato del regime, hanno giustamente creato tre cantoni – Afrin, Jazira e Konabe – abitati da una confederazione di popoli e etnie. Curdi, Assiri, Turcomanni, Siriani, Arabi, Armeni si sono confederati e i rappresentanti dei propri villaggi hanno volontariamente aderito alla confederazione del Kurdistani Rojava ovvero Kurdistan dell’Ovest. Ogni villaggio elegge i suoi rappresentanti che amministrano leggi e giustizia a livello locale e partecipano alla politica di ogni piccolo cantone.

Questa situazione non è andata giù alla Turchia, perché il problema curdo è una sua spina nel fianco: teme (ma senza alcuna ragione) che, nella confusa situazione siriana, potrebbe nascere una Regione curda siriana sul modello dei loro fratelli curdi Iracheni e che questa potrebbe poi unirsi ai curdi della Turchia, che ormai lottano da anni per la loro libertà. Quindi è cominciato un intenso lavoro di provocazioni da parte di agenti turchi, così si sono intensificate le infiltrazioni e gli attacchi delle bande criminali come Jebhat Al Nusra affiliato ad al Qaeda, ma aiutato del governo Turco e, sotto direzione dei Servizi turchi, hanno attaccato le città del Kurdistan occidentale.

Gli intensi combattimenti in corso in queste ore, intorno alla zona di Kobane continuano. I Peshmerga delle due forze curde Unità di Protezione Popolare (Ypg) e Unione delle donne (Ypj) stanno difendendo Kobane e i villaggi circostanti nonostante le risorse molto limitate e le armi leggere contro gli assassini dell’Isis super aramati. Le forze di difesa del Rojava e l’amministrazione del Rojava fino ad oggi si sono difese e amministrate con i loro modesti mezzi. Le forze del Rojava sono state anche quelle che hanno aiutato la popolazione di Shengal nel Kurdistan dell’Iraq, quando sono stati attaccati dai terroristi dell’Isis nell’agosto scorso.

Nonostante tutti i tentativi e tutte le richieste, il popolo del Rojava non ha ricevuto tuttora alcun aiuto dal mondo esterno, fatta eccezione per alcune organizzazioni umanitarie. La coalizione internazionale anti-Isis non ha dato ancora nessun aiuto ai curdi di Rojava.