In una grande casa di piacere, formicolante di persone, i piani dell’azione si susseguono incalzanti: c’è chi beve, chi si ingozza, chi suona, chi si prende per i capelli e chi allegramente fa l’amore, dando sfogo a qualsiasi fantasia erotica. In lontananza, seduto su una soffice nuvola, c’è Dio, che non può fare a meno di voltare le spalle a tutta quella depravazione umana. Siamo nel 1540 e un misterioso incisore ci catapulta al centro di un bordello di Anversa, mentre poco oltre, in una sorta di teatro caleidoscopico della quotidianità, vanno in scena scomposte danze contadine, abbuffate di paese, ruberie e anche assassinii.
In un altro angolo della sala, gli invitati ad una festa di nozze ballano dimentichi delle preoccupazioni: una sola persona resta seduta, immobile. È la sposa stessa e un’iscrizione ci dice che è un po’ appesantita nei suoi movimenti, dato che con molte probabilità è già incinta. Non è una supposizione scandalosa: tra i lavoratori della terra e le famiglie rurali mettere in dubbio la verginità della novella moglie del vicino di campo era un divertimento assicurato e gli sketch comici passavano di farsa in farsa, di piazza in piazza.

Fra terra e cielo
La grande mostra appena inauguratasi al museo Boijmans van Beuningen di Rotterdam Uncovering Everyday Life. From Bosch to Bruegel (visitabile fino al 17 gennaio, a cura di Friso Lammartse e Peter van der Coelen), attraverso quaranta dipinti – con alcuni prestiti eccezionali, come il Trittico del Carro di fieno di Bosch, mai uscito prima dal Prado di Madrid – e altrettante stampe, racconta una storia che corre parallela a quella che attraversava l’Europa del tempo. Lascia in pace i santi, scende dalle pale d’altare, esce dalle cappelle delle chiese, abbandona le corti e inventa una via Crucis tutta secolare, abitata da personaggi – oggi outsider un tempo comunissimi – come i pellegrini, venditori ambulanti, ciarlatani, puttanieri, ubriaconi, lebbrosi, ladruncoli, donne lascive, servette, giocatori d’azzardo, mettendo in mezzo anche esattori delle tasse e avvocati arraffa-soldi. È una specie di controcanto alle gesta gloriose delle guerre di conquista che re e principi andavano combattendo e che i manuali di storia ancora narrano. A essere pedinata da pittori e incisori è l’assoluta insensatezza del vivere, trascinando il proprio corpo verso i piaceri forti e l’eccesso, con emozioni bestiali, incuranti del futuro e del «decoro».

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Particolare da una stampa Monogrammist AP, “Bordello”, c.1540

Lo sguardo è fisso sulla terra, la tentazione celeste sembra ormai evaporata, rotolata via ad una distanza siderale. Se c’è, è un monito terribile, lascia immaginare supplizi terrificanti per questa continua disobbedienza all’anima e alle sue esigenze spirituali. La rassegna olandese sceglie di indagare gli inizi, i primi passi della nascita di un genere che sgusciò via dalla morsa della religione e costruì i suoi stereotipi per confermare il presente, la situazione economica e sociale del XVI secolo nelle Fiandre. Secondo i curatori della mostra, quell’everyday continuamente ribadito nei vari personaggi disegnati ad uso e consumo del loro pubblico somiglia a un Grande Fratello «dalle cattive maniere, politicamente scorretto». Ci si prende gioco della caricatura di sé e si mettono alla berlina i propri e altrui vizi. La quotidianità debordante è lo specchio deformato di una comunità che non può che compiacersi di aver guadagnato un posto di primo piano in quel volgere dal Medioevo alla nuova era, incamminandosi verso le Riforme che scossero alle radici, meglio sottoposero a un terremoto (soprattutto etico) il rapporto fra uomo e Dio.
Se l’apice di questo «modello artistico», con la perfetta messa a punto di un nuovo codice visivo, venne raggiunto da Bruegel il Vecchio, il viaggio nelle viscere dei Paesi Bassi dovrà partire da quel monumentale Trittico di Hieronymus Bosch dove un carro che trasporta fieno fa da spartiacque fra due «momenti esistenziali», scivolando verso l’apocalisse. Intorno, sotto, davanti e dietro, pullula la vita ordinaria (e allucinata) del popolo.

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Particolare del Trittico del Carro da fieno di Hieronymus Bosch

Il Trittico, una grande allegoria morale e satirica che le più recenti datazioni collocano nell’ultimo anno di vita del pittore (morto nel 1516), venne comprato da Filippo II, ma ebbe una esistenza dissestata: venne smembrato, più volte copiato e infine ricomposto nei suoi pannelli al Prado, nel 1914. Quel pellegrino-vagabondo malconcio, vestito di stracci, pensieroso e spaventato che appare sulle «ante» esterne chiuse, rappresenta il cammino incerto lungo le strade del mondo. Anche il ponticello davanti a lui non sembra granché solido; alle sue spalle, si consuma una rapina, forse ci sarà una impiccagione, mentre l’odore del peccato si espande nell’aria. Sarà lo stesso peccato – con più malizia e minor senso di colpa – che vedremo prendere possesso della realtà nelle tante raffigurazioni dei bordelli che circolavano all’epoca, divertendo con la loro licenziosità trasversalmente la nuova borghesia, i bottegai e i «rurali».

I nuovi interpreti
Per cercare di comprendere l’ossessiva e stralunata imaginerie di Bosch si è detto di tutto, anche che l’artista non disdegnasse la compagnia dei membri delle sette sataniche. In realtà, con la sua linea incisiva e moderna, i suoi colori ariosi, non ha fatto altro che dare vita, trasformandolo in visione, a ciò che accadeva nei Paesi Bassi , quando si veniva perseguitati sulle pubbliche piazze con esorcismi violenti o si assisteva a brutali saccheggi delle città e paesi. Bosch non era un precursore del Surrealismo ma un contemporaneo pervaso da una fervente fede alla fiamminga. La stella che splenderà nel firmamento concettuale della sua maturità sarà quella castigatrice Nave dei folli di Sebastian Brant, illustrata magistralmente da Dürer e poi riprodotta da lui stesso.

I nuovi attori della scena sociale sono ormai mercanti nelle taverne, avvocati rapaci, monaci fissati col sesso, contadini ingenui che ogni volta che vanno in visita in città vengono derubati (è una delle tipizzazioni più in voga, proposta da numerosi quadri e stampe). L’esposizione al Boijmans ha uno dei suoi punti di forza in una serie di incisioni poco viste prima d’ora e nella sezione dedicata a Lucas van Leyden, presente con una ventina di stampe. Adolescente prodigio, nato a Leida nel 1494 (morì poi nel 1533), ebbe un rapporto intenso di allievo e maestro (anche interscambiabile) con Dürer. Il suo interesse, nelle opere proposte a Rotterdam, è tutto focalizzato sulle partite di carte che non hanno nulla dell’innocente passatempo, ma sono metafore del desiderio erotico. Dietro gli sguardi di fanciulle e giovani al tavolo, si covano amori clandestini e corteggiamenti proibiti: triangoli passionali e mariti cornuti vanno di pari passo con la vincita o la perdita alle carte.