Caro manifesto, non ci sono più dubbi: tutto il sistema dell’editoria sta vivendo la sua crisi più profonda. Maledire il destino non serve a nulla, e non mette al centro i problemi veri, le vere cause. Il manifesto da sempre soffre, più volte ha rischiato di chiudere, ma sempre ha trovato una strada, un percorso, che consentisse a questa testata di essere in edicola e a noi tutti di avere una voce libera in più.

Eppure non ci sono soluzioni durevoli, la crisi continua, pesante. Il nostro paese rischia più di altri, fatica più di altri, a uscire da questa situazione.
L’editoria, più di altri settori, soffre uno stato di abbandono. Non tanto di soldi pubblici – quelli ai grandi editori, nelle varie forme, continuano ad arrivare – soffre di politiche innovative, di investimenti, di idee, di progetti.

L’allontanamento del pubblico dalle edicole lo pagano in primis le edicole, e poi le cosiddette piccole testate, piccole per copie vendute, non certo per qualità. Il Sinagi (il sindacato degli edicolanti, ndr) le ha provate tutte per tentare di aprire il dialogo all’interno della filiera e con la politica. L’obiettivo era semplice, dare a tutta la filiera editoriale una prospettiva che potesse offrire anche alla rete di vendita la possibilità di guardare al futuro con un minimo di ottimismo.

Abbiamo provato a confrontarci con la politica non per chiedere assurde coperture corporative ma per far capire che l’informazione e la cultura, oltre a essere tutelate dalla Costituzione, sono un bene fondamentale della democrazia.

Il finanziare con soldi pubblici l’editoria ha senso solo se informazione e cultura arrivano alle persone, ai cittadini. Ha senso se testate come il manifesto possono continuare a essere in tutte le edicole, e non solo in qualche rivendita specializzata.

Anche per questo gli edicolanti sciopereranno il primo dicembre, come primo di otto giorni decisi, per salvare la rete di vendita italiana, una delle più (se non la più) capillari e diffuse del mondo, e con la salvezza delle edicole, il diritto di cittadinanza di tutte le testate, a iniziare dal manifesto.

Cancellare o favorire la scomparsa delle edicole, e la chiusura della piccola editoria, farebbe dell’Italia, un paese meno democratico e più povero. Intellettualmente e culturalmente.

Nella nostra battaglia siamo partiti da soli, poi lungo la strada abbiamo trovato altre organizzazioni, a partire dalla Slc-Cgil, per arrivare alla federazione Liberi Editori, che rappresenta tantissime testate locali che soffrirebbero pesantemente la liberalizzazione delle edicole.

La strada è questa, l’alternativa è la rassegnazione. Le ultime elezioni regionali hanno dato un segnale molto importante. Non c’è stata un’astensione inevitabile, in Emilia Romagna due terzi del corpo elettorale non è andata alle urne: non capire il messaggio di centinaia di migliaia di persone che sono sempre state presenti è follia o, peggio, presunzione.

Non capire o non voler affrontare un tema delicatissimo come il rapporto tra edicola, piccola editoria e democrazia, indebolisce tutto il nostro sistema, e cancella i messaggi della Costituzione sull’informazione pluralista e democratica.

Caro manifesto, spesso le nostre strade si sono incrociate, a volte abbiamo fatto dei tratti insieme. Oggi, di nuovo, è il momento in cui abbiamo l’obbligo di fare un altro pezzo insieme: le battaglie per l’esistenza delle edicole e del manifesto, apparentemente diverse, sono invece battaglie comuni.

So che voi non vi tirerete indietro, come sempre nella storia del giornale, e anche noi non ci fermeremo. La posta in gioco non consente a nessuno di ritirarsi. E per tutti noi la posta in gioco è il futuro.

* Segretario Generale Sinagi