Nel nome di Sandrine Bayakoko, doppio appuntamento davanti ai cancelli dell’ex base missilistica di Conetta che continua ad ospitare oltre 1.300 migranti.

Sabato pomeriggio associazioni, movimenti, forze sociali e laiche antirazziste si sono date appuntamento per manifestare dopo la morte della 25enne ivoriana, stroncata da un malore il 2 gennaio nel bagno delle donne all’interno della struttura (gestita dalla coop Edeco-Ecofficina al centro di polemiche e inchieste della magistratura).

Domenica a partire dalle 14.30 la rete «Bassa padovana accoglie» ha raccolto l’appello lanciato da Andrea Segre, il regista che aveva promosso in solidarietà con i migranti la passeggiata a piedi scalzi alla Biennale del cinema di Venezia. Una cerimonia pubblica con il coraggio di chiedere scusa a Sandrine e insieme ribadire che «L’unica razza che conosco è quella umana».
«La famiglia e gli amici stanno organizzando il funerale della loro cara. La cerimonia non vuole certo sostituirlo. Sarà un momento diverso, ma unito nello spirito di rispetto e dolore per la vita di Sandrine. Sarà un momento per incontrarsi, vedersi e parlare: dire con chiarezza ciò che vogliamo e dirlo insieme. Credo potrà essere un momento di larga condivisione» spiega Segre che aveva lanciato la sfida dalle colonne della Nuova Venezia. E aggiunge, a scanso di equivoci: «Sarò brutale.

La cerimonia per Sandrine non è una manifestazione a favore dei profughi. Non è una prova di forza degli anti-razzisti contro i razzisti. Credo che la cerimonia per Sandrine possa diventare un momento di svolta nel modo con cui tutti noi ci rapportiamo all’accoglienza». Secondo Segre, la giornata di domenica a Conetta avrà un senso ben preciso: «Il momento in cui non ci scontriamo sul Si o il No all’accoglienza, ma in cui discutiamo democraticamente del come. Il momento in cui dire insieme che nessuno può speculare sulle vite di persone in attesa di conoscere il proprio destino, nessuno può prendere milioni di euro dalle casse dello Stato per parcheggiare esseri umani in luoghi disumani.

Questi soldi vanno usati per dare accoglienza degna e civile, che non è necessaria solo ai richiedenti asilo, ma anche alla nostra società che li accoglie mentre vengono esaminate le loro richieste».

Intanto, a Conetta la situazione si è stemperata. Lunedì mattina un gruppo di nigeriani ha inscenato una breve protesta nei confronti della coop. E ieri il gelo record ha prevalso, mettendo di nuovo in evidenza i limiti «strutturali» del grande campo insieme all’isolamento dell’ex base rispetto al contesto sociale.
A pochi chilometri di distanza in linea d’aria, ma in provincia di Padova, anche il vecchio e dismesso complesso militare di Bagnoli di Sopra ospita un centinaio di profughi. Anche qui la gestione è affidata alla coop di Simone Borile e della moglie Sara Felpati. E in autunno i migranti hanno bloccato i cancelli, chiedendo fra l’altro la presenza di un medico all’interno del campo. Sabato scorso l’ex centro missilistico di Bagnoli ha aperto le porte in occasione di una «festa» organizzata da Caritas e parrocchie, cui hanno partecipato alcune decine di famiglie della zona anticipando l’iniziativa di «Bassa padovana accoglie».

Dal punto di vista squisitamente politico, invece, torna in primo piano la questione dei Cie rispolverati dal ministro Minniti. A Venezia si è subito levato un coro di no all’ipotesi, già bocciata in passato, di trasformare l’ex campo per aerostati di Campalto in centro d’espulsione. A Verona, l’ex leghista Flavio Tosi agli sgoccioli del mandato decennale di sindaco si è invece offerto di ospitare il Cie del Veneto. E nel Pd l’ormai ex capogruppo regionale Alessandra Moretti non ha perso occasione per sposare la linea intransigente: «Lo dico a certa sinistra che negli anni ha confuso i diritti dei rifugiati con la troppa tolleranza per chi delinque. La sicurezza è anche un tema della sinistra» ha dichiarato.