L’Italicum era un mostriciattolo. Come risultava evidente erga omnes, eccetto che per Renzi, l’autore del capolavoro. E le forbici (il ballottaggio), i ritocchi (le pluricandidature) della Corte Costituzionale non lo hanno certo trasformato in un principe azzurro pronto per le nozze con le urne.

Del resto il Capo dello Stato ha parlato chiaro invitando il parlamento a emanare regole elettorali conformi per Camera e Senato.

La legge che tutti in Europa avrebbero dovuto copiarci era, molto semplicemente, incostituzionale.

Nonostante la fibrillante attesa che ha preceduto la sentenza emessa ieri dalla Corte Costituzionale, non c’è, invece, alcuna sorpresa per la bocciatura del marchio di fabbrica renziano: il ballottaggio. Il famoso schema del capo del governo da eleggere come il sindaco d’Italia.

La squadra dei renziani al comando è stata capace di produrre leggi e riforme puntualmente respinte, o dai giudici delle leggi o dagli elettori, confermandosi come l’emblema di una classe dirigente inaffidabile. La stessa che regge le sorti dell’attuale governo, il terzo della legislatura (Letta, Renzi Gentiloni). La stessa che chiede il voto subito.

Certamente la sinistra del Pd ha molti peccati da farsi perdonare, ma oggi porta a casa la soddisfazione di non aver partecipato al decisivo e ultimo dei tre voti di fiducia sull’Italicum. Tra qualche settimana le motivazioni della Consulta potranno spiegare meglio perché la Corte lo ha rottamato, ma a non cambiare è la sostanza politica da cui è nato il piccolo frankenstein.

Il parlamento è stato chiamato a dare la fiducia al marchingegno del governo, forzando le regole del gioco e mutilando il dibattito delle camere. E alla fine per che cosa? Per una legge incostituzionale, come del resto lo era la precedente, nata nel 2005 e defunta nel 2014.

Se dai novatori renziani abbiamo ricavato una legge così sballata, dall’altro uomo solo al comando, Grillo, arriva la linea del tutti alle urne con il «legalicum» appena sfornato dalla Consulta, che lascia il premio di maggioranza al 40%: basta la sentenza, costituzionalmente autoapplicativa, e si può andare alle urne senza che il parlamento metta becco.

Secondo il leader maximo dei 5Stelle, dovremmo andare a votare per Camera e Senato con due leggi diverse, con premi di maggioranza diversi, per dare al paese due maggioranze diverse. Su questo i 5Stelle sembrano tutti d’accordo (tra loro e con la Lega).

Anche perché, diversamente, potrebbero essere espulsi dal Movimento secondo l’ ennesimo diktat emanato, via Blog, da Grillo sulla libertà di parola dei parlamentari stellati: purissimo esempio di distillato putiniano.

Il vecchio partito con le sue vecchie regole è in estinzione e ormai il Blog ne fa le veci non solo dalle parti della Casaleggio Associati, ma anche, purtroppo, nel malconcio partito democratico dove, ultimo in ordine di apparizione, è arrivato il Blog di Renzi, inaugurato ieri proprio nel giorno della sentenza della Consulta.

Così in un quadro politico che le decisioni della Corte né chiariscono, né offuscano (non è compito suo), non sappiamo quando andremo a votare e tantomeno se e quali coalizioni si contenderanno palazzo Chigi.

Ma un’indicazione, non solo estetica, arriva proprio dal nuovo Blog del segretario, con quella grafica bianco-celeste che ricorda i manifesti di Forza Italia e con quella parola d’ordine che il segretario rilancia nel suo nuovo format: meno tasse per tutti. Naturalmente a nome di un misterioso, futuro centrosinistra.