I motivi dello scontro sulle spese sostenute dall’Italia per fronteggiare la crisi dei migranti sono contenuti nella lettera che il 27 ottobre scorso Pier Carlo Padoan ha inviato ai commissari Ue Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici. «Al di fuori delle considerazioni sul ciclo economico – scriveva il ministro del Tesoro – il cambiamento nel target sul 2017 rispetto al programma di stabilità del 2016 è largamente spiegato dalle spese straordinarie legate ai rischi sull’immigrazione e sismici».

 

17 pol1 migranti

Tradotto in numeri questo significa che il governo stima che per quest’anno possano essere spesi per le operazioni di salvataggio, accoglienza e protezione dei profughi, nonché per l’educazione di quasi ventimila minori non accompagnati, 3,3 miliardi di euro, destinati a diventare 3,8 miliardi di euro nel 2017.

Cifre calcolate al netto dei contributi Ue e che palazzo Chigi ritiene attendibili a patto che il numero degli sbarchi si mantenga stabile, cosa niente affatto scontata. Al punto che, ipotizzando uno «scenario di emergenza», sempre Padoan non esclude che la spesa possa salire fino a toccare 4,227 miliardi di euro nel 2016 e 4.261 miliardi nel 2017. Soldi che l’Italia chiede che non vengano conteggiati ai fini del rispetto del patto di stabilità.

Fino al 31 ottobre i migranti arrivati in Italia sono stati 159.432, il 13% in più rispetto ai primi dieci mesi del 2015 (19.429 i minori non accompagnati). 171.938 sono invece quelli ospitati nelle varie strutture di accoglienza (Caram, Cdam, Cpsam, Cas e Sprar). «Il sistema dell’accoglienza – è scritto nel documento programmatico di bilancio 2017 – si trova a dover far fronte a una crescita esponenziale delle presenze» che esercita «una considerevole pressione sul territorio, mettendo alla prova la capacità di ricezione». 600 milioni di euro sono stati stanziati di recente proprio per pagare i sevizi erogati dai centri di accoglienza.