«Non rinchiuderti nelle tue stanze, Partito, resta amico dei ragazzi di strada». Questo verso del poeta russo Vladimir Majakovskij, che il film sulla vita di Peppino Impastato I 100 passi ha reso famoso presso il grande pubblico, sembra fare perfettamente al caso della sociologia italiana.
Nonostante il suo «oggetto» d’indagine, è disciplina troppo spesso rimasta ripiegata su se stessa, dilaniata dalle lotte intestine. A ben vedere in buona compagnia di tutte quelle «scienze umane e sociali» (prima fra tutte la storia contemporanea, a sentire il Presidente della società dei contemporaneisti, Fulvio Cammarano) che da alcuni anni a questa parte soffrono troppo spesso di un complesso di inferiorità e di una sindrome di accerchiamento che le fanno sentire cronicamente irrilevanti per la discussione pubblica. Così, se da una parte la moltitudine di voci che emergono dalla Rete e dai media digitali moltiplicano la frustrazione di intellettuali tradizionali troppo spesso incapaci di comprendere che il mondo è irrimediabilmente cambiato e con esso il posto delle discipline nella sfera pubblica, dall’altro si moltiplicano iniziative di divulgazione scientifica pensate per fronteggiare in modo efficace i nuovi scenari. È a partire da qui che abbiamo rivolto alla coordinatrice scientifica del Festival della sociologia di Narni, Maria Caterina Federici, ordinaria di sociologia all’Università di Perugia, alcune domande su questa occasione di discussione pubblica.

Perché un Festival della sociologia proprio ora?

C’è un tempo di maturazione per tutte le cose. La sociologia è «scienza nuova» per sua costituzione. Spesso la disciplina è stata coinvolta in iniziative parallele e non ha centrato i propri obiettivi di autonomia. Alcuni percorsi di ricerca, pur tenendo conto dei necessari apporti interdisciplinari, hanno maturato una rilevante indipendenza. Penso alle riflessioni sulla società del rischio, sui legami fiduciari, sull’incertezza e sulle sfide del terrorismo globale. La sociologia sta cercando di elaborare paradigmi preventivi accanto a quelli normativi e tecnologici.

Nell’affollato panorama culturale italiano, quali specificità e obiettivi vi siete posti in questa prima edizione che ha come sottotitolo «Numero 0»?

Cercheremo di fare il punto, in un contesto  territoriale mediano, qual è l’Umbria – e nella sede di un corso di laurea di nuovo impianto in «Scienze dell’investigazione e  della sicurezza», nato con la collaborazione dell’ente locale su know how dell’università di Perugia – di mettere in dialogo questi nuovi percorsi di indagine e le nuove metodologie  in essere per rispondere alle sfide della contemporaneità,  anche in maniera propositiva.

I temi affrontati?

È un dialogo intimo con il cinema, il teatro, l’erotismo e il silenzio, le devianze giovanili, le religioni e le questioni di genere, il benessere organizzativo e la violenza in famiglia, le scienze mediche e le elezioni negli Usa, la sicurezza e lo sviluppo locale, la città e l’immigrazione, sulla base di ricerche e apporti di esperti non soltanto dell’Accademia. Inoltre è da sottolineare il confronto in progress con il mondo del lavoro e delle professioni a cui si rivolge il nostro impegno di formatori.

Come segnalate nel programma, l’oscillazione tra innovazione e tradizione?

I problemi sono quelli del nostro tempo e il coinvolgimento  degli esperti nella loro soluzione procedendo per tentativi metodologicamente supportati, consente alla disciplina di porsi, a pari merito con le altre discipline, come  strumento di riflessione e di comprensione  nel senso più pieno del termine «cum-prendere», «abbracciare» la complessità del reale. Se il festival centrerà i suoi obiettivi, ad esso seguirà una seconda, diversa edizione con il coinvolgimento più ampio di enti e soggetti interessati. In un mondo così criticamente burocratizzato, ciò che ci siamo proposti fin da subito nasce dall’entusiasmo di giovani ricercatori, di collaboratori, dell’ente locale, di editori specializzati del settore, con il patrocinio dell’Associazione italiana di sociologia. Tutte queste sinergie attestano come la disciplina sia un dispositivo «diagonale» per comprendere la vita delle società umane  e degli individui che le  abitano e le creano  ma anche con la presenza reale e mediatica di sociologi di grande esperienza come Edgar Morin  e Franco Ferrarotti, soltanto per citare i più «classici» tra i convenuti, accanto a personaggi dello spettacolo e del mondo della comunicazione, per esempio. In  questo festival ci fermeremo a una rappresentazione   della sociologia, per dirla con Pareto, «come sarebbe  quella che figura la terra come uno sferoide».

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La Kermesse. Confini, migranti, riti religiosi e anche emozioni

Il «Festival della sociologia» si svolgerà oggi e domani a Narni che, per l’occasione, metterà a disposizione i suoi palazzi e le sue sale storiche per un’idea «glocale» di divulgazione culturale: radicamento in quel tessuto urbano millenario nerbo dell’Italia, apertura alle grandi tematiche del nostro tempo, con il coinvolgimento di studiosi di fama internazionale. È la prima volta che in Italia si tenta un esperimento del genere nel campo delle scienze sociali: è un’edizione che gli organizzatori hanno voluto denominare Numero 0. Il festival tra innovazione e tradizione, sottolineando la veste sperimentale di un’iniziativa nata per opera dell’associazione Narni città Universitaria e dell’università di Perugia, con il patrocinio del Comune di Narni e dell’Associazione italiana di sociologia.
La sociologia, infatti, non può rinunciare a interpretare il presente e, possibilmente, scorgere i segni del futuro che si profila all’orizzonte. Tuttavia questo non basta. Oggi, una disciplina e i suoi cultori per esercitare sistematicamente un qualche peso culturale, ottenere finanziamenti, «fare opinione», hanno bisogno di divulgare a un pubblico più vasto le loro scoperte, teorie, analisi e, finanche, i loro personaggi. Lo hanno capito da tempo le scienze dure, come la fisica che, all’interno di una società dello spettacolo che fa della fascinazione e della messa in vetrina il più potente mezzo d’investimento, moltiplicano iniziative di ogni tipo, dai festival alle collane in edicola. In nome di una comunicazione scientifica totale, il Cern stesso si trasforma da freddo e lontano laboratorio in un luogo del fantastico. Stesso spirito anima filosofi o matematici. A questa tendenza non può sottrarsi la sociologia: il Festival di Narni può rappresentare un rilancio pubblico nel nostro paese. I temi affrontati saranno organizzati in eventi diffusi nel tessuto urbano medievale di Narni: oggi si parlerà di comunicazione, memoria, immigrazione, genere e religioni, il rapporto tra economia ed emozioni, con gli interventi, tra gli altri, di Franco Ferrarotti, Edgar Morin, Michel Maffesoli, Paolo De Nardis, Paola De Nicola, Carmen Leccardi, Maria Immacolata Macioti, Mario Morcellini, Paolo Jedelowski, Mario Perniola. Globalizzazione, politica, sicurezza, terrorismo, disuguaglianze sono gli argomenti del 7 ottobre, con la partecipazione di Maria Luisa Bianco, Alessandro Bruschi, Alessandro Cavalli, Consuelo Corradi, Vittorio Cotesta, Roberto Cipriani, Giuseppe De Rita. (Francesco Antonelli)