Hollande e il governo francese trasformano oggi Parigi nella capitale europea contro il terrorismo. Alla marcia repubblicana saranno difatti presenti numerosi leader politici: Angela Merkel, Matteo Renzi, Mariano Rajoy, David Cameron, il presidente ucraino Petro Poroshenko, il ministro degli esteri russo Serguei Lavrov, i primi ministri di Belgio, Olanda, Finlandia, Polonia, Svezia, Lussemburgo, Norvegia, i presidente della Svizzera e del Kosovo, del Mali e del Niger, i vertici della Ue (il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, quello della Commissione Jean-Claude Juncker, dell’Europarlamento Martin Schultz, Mrs. Pesc Federica Mogherini), il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Una manifestazione diventata ufficiale, che pero’ non dovrebbe snaturare la presenza cittadina. E’ inoltre prevista una riunione di una ventina di ministri degli interni Ue, con la partecipazione del ministro della giustizia Usa e del vice agli interni, che potrebbe gettare le basi di una accresciuta collaborazione tra i servizi. Ieri, più di 200mila persone hanno sfilato nelle principali città, da Nizza a Tolosa o Limoges e Marsiglia (dove pero’ le divisioni politiche hanno prodotto tre cortei diversi). Per spegnere la polemica accesa dal Fronte nazionale, Hollande ha invitato tutti i cittadini a partecipare, qualunque sia la loro posizione politica. Jean-Marie Le Pen ha fatto sapere che non sarà alla marcia di Parigi, perché “io non sono Charlie”. Marine Le Pen non sarà a Parigi, ma sfilerà a Baucaire (Gard).

La giornata di sabato è trascorsa alla ricerca di Ayat Boumedienne, la compagna di Coulibaly, il collaboratore dei fratelli Kouachi responsabile dell’assassinio di 5 persone, una poliziotta a Montrouge giovedì e 4 ostaggi nell’attacco antisemita dell’Hyper Cacher alla Porte de Vincennes, “verosimilmente uccisi” dal terrorista, secondo la Procura di Parigi. Boumedienne sarebbe pero’ fuggita in Siria nei giorni scorsi passando per Madrid, secondo informazioni fornite alla Francia dalla Turchia.

Una polemica cresce nel sottofondo e riguarda la falla nella sicurezza. I servizi francesi si sarebbero concentrati negli ultimi tempi sulla sicurezza esterna, a causa degli interventi militari all’estero. Al centro dell’attenzione, all’interno, ci sono i volontari che tornano dalla jihad in Siria e Iraq, mentre sarebbero passati in secondo piano i più vecchi radicalizzati, come i fratelli Kouachi e Coulibaly, che facevano parte della banda delle Buttes-Chaumont, attiva soprattutto tra il 2004 e il 2006 (per organizzare le partenze di volontari per l’Iraq). Ci sono falle nella collaborazione tra servizi interni e esterni, ma le difficoltà si sono anche accresciute a causa delle rivoluzioni arabe, che hanno interrotto delle vecchie collaborazioni che sono tutte da ricostruire con i nuovi poteri. La destra soffia sul fuoco e chiede al governo nuove misure antiterroriste. In Francia si sono susseguite ben 15 diverse leggi anti-terrorismo dall’86 a oggi. L’ultima è dell’autunno scorso e permette la proibizione amministrativa di lasciare il territorio per i sospetti di voler fare la jihad in Siria o Iraq, oltre a maggiori controlli sul web e la creazione del reato di “impresa terroristica individuale”. La sinistra rifiuta di fare passi ulteriori, di imporre un Patriot Act alla francese. Valls ha parlato di “nuovi dispositivi”, assicurando pero’ che “bisogna agire senza pietà contro i terroristi ma nel rispetto dello stato di diritto e senza precipitazione”.

Sale anche la polemica sulle attese che la società francese mostra nei confronti dei musulmani. Sono invitati da più parti ad essere presenti in massa alla marcia di oggi. Molti imam hanno chiesto ai fedeli di partecipare. Il deputato Ps Razzy Hammadi teme pero’ “una sotto-mobilitazione”, per paura, per sentimento di esclusione, per le forti perplessità che hanno da sempre generato le vignette iconoclaste di Charlie Hebdo presso i credenti (non solo musulmani del resto). Degli insegnanti hanno segnalato che in alcune scuole della banlieue parigina non è stato facile far rispettare il minuto di silenzio, giovedi’, per il massacro a Charlie Hebdo. Di qui il successo, con diverse connotazioni, dell’hashtag #jenesuispascharlie. Perplessità anche a Charlie Hebdo per dei difensori politici dell’ultima ora di una libertà di espressione che nei fatti non rispettano.