Si conclude domani a Ufa, in Russia, il VII Vertice dei Brics, ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica: il 40% della popolazione mondiale e oltre il 30% del Pil globale. A Mosca tocca la presidenza di turno, dopo il precedente incarico del Brasile, che ha ospitato il summit dell’anno scorso. E il ministro dello Sviluppo economico russo, Anton Siluanov è il governatore della nuova Banca dello sviluppo, grande invenzione dei Brics. L’altro ieri, le banche centrali dei cinque grandi emergenti hanno firmato un accordo operativo che regola il funzionamento del fondo di riserve monetarie comune, pari a 100.000 milioni di dollari. La Cina metterà 41 miliardi di dollari, Russia, India e Brasile 18 miliardi ciascuno e il Sudafrica 5 miliardi. La sede sarà a Shanghai, ma un altro centro regionale si troverà in Sudafrica. La Banca è dotata di un consiglio di amministrazione, il cui primo presidente è Siluanov, di un direttivo a conduzione brasiliana e da una presidenza, a cui è stato nominato l’indiano Kundapur Vaman Kamath, affiancato da 4 vicepresidenti degli altri 4 paesi. La nuova Banca di sviluppo comincerà ad essere operativa entro la fine di aprile del 2016. Obiettivo del fondo comune sarà quello di concedere prestiti ai paesi partecipanti in caso di problemi con la liquidità in dollari.
La decisione di dotarsi di una banca è stata presa dai Brics l’anno scorso, durante il vertice di Fortaleza, in Brasile. Se ne discute però dal 2009, con il primo vertice dell’organismo. Ora, l’intenzione dei cinque paesi è quella di farne un organismo finanziario globale «specializzato in progetti di infrastruttura»: il disegno di una nuova architettura finanziaria, alternativo al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale (che ha un patrimonio di 490 miliardi di dollari), egemonizzati dagli Usa. I Brics hanno dichiarato la loro disponibilità ad incorporare altri stati fondatori, ma le modalità sono ancora da definire.
L’indirizzo è però dichiarato: una logica di prestiti senza il cappio al collo degli aggiustamenti strutturali richiesti dall’Fmi, presso cui i Brics hanno solo il 10,3% del diritto di voto. Un atteggiamento importante dato il dislivello esistente all’interno dei paesi membri, ove l’economia cinese è 28 volte quella del Sudafrica, e date le differenti modalità di governo adottate dai singoli paesi.
Verso la fine dell’egemonia del dollaro? Intanto, i Brics ragionano sull’istituzione di una moneta comune. Intanto, costituiscono una sponda per la Russia colpita dalle sanzioni. E potrebbero lanciare un salvagente anche all’economia greca, nell’ottica di una politica di Atene a più dimensioni, in cui i Brics giocherebbero un ruolo principale. A fine maggio, la Grecia ha manifestato interesse per la nuova Banca di sviluppo. E anche se Atene non potrà certo apportare contributi iniziali, potrebbe ricevere un credito non condizionato e un appoggio finanziario significativo. Di recente, il presidente russo Vladimir Putin ha detto che la crisi greca è fuori dall’agenda della Banca di sviluppo, ma non da quella del vertice, e che se ne dovrebbe discutere in una colazione di lavoro, insieme ad altri temi di interesse internazionale come l’Ucraina o la minaccia del Califfato. L’anno scorso, l’Argentina ricattata dai fondi avvoltoio, posizionati a Washington, è stata presente a Fortaleza e la presidente Cristina Kirchner ha posto decisamente l’esigenza dei paesi del sud di impostare un sistema finanziario alternativo. Presenti anche i presidenti dei paesi socialisti latinoamericani, che – Venezuela in testa – hanno inaugurato una logica solidale alternativa negli scambi sud-sud.
Domani, sempre a Ufa, si svolge anche un altro importante vertice finanziario, quello dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai (Ocs), che attualmente include Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, e prevede l’entrata di India e Pakistan per configurarsi come un nuovo G8.