Tasos Koronakis ha il physique du rôle dell’altermondialista. Anche ora che è segretario di Syriza, per questo uno degli uomini più influenti per le sorti dell’Europa, conserva atteggiamenti e un look non lontani da quelli di un anti-giottino dei tempi di Genova (anche se, come molti altri suoi connazionali, in quei giorni non andò oltre il porto di Ancona) o di un Blockupy di ritorno da Francoforte. Quasi a voler ribadire che il partito di cui lui è alla guida è figlio di quella storia ed è tuttora «un partito di lotta». Barbetta arruffata, camicia verde fuori dai pantaloni, codino alla Pablo Iglesias, Koronakis (ieri a Roma per una «prova di unità» al Capranichetta tra le forze che sostengono Syriza in Italia), una laurea al Politecnico di Patrasso e vent’anni di militanza, dalle proteste contro il Fmi a Praga al movimento no war, fino alla segreteria dei giovani del Synaspismos, ha ben presente il ruolo di questo strano animale politico che è Syriza: «Non siamo un partito di apparati, dobbiamo avere le nostre antenne nella società e promuovere la partecipazione».

Quanto c’è dell’esperienza dei movimenti degli ultimi quindici anni in Syriza?

Gran parte degli esponenti di questo governo è cresciuta dentro quei movimenti. Syriza stessa è arrivata ai livelli di oggi dopo il sostegno alle proteste di piazza Syntagma del 2010 ed è sempre stata al fianco delle lotte sociali, anche nei momenti più duri, come nel 2008. È grazie al fatto che abbiamo deciso che la sinistra dovesse assumersi la responsabilità di governare anche nella crisi che abbiamo potuto costruire un progetto antagonista.

Anche in Italia sono in corso tentativi di costruire qualcosa di analogo. Sabato scorso a Roma è scesa in piazza la coalizione sociale promossa dalla Fiom.

Tutte queste manifestazioni danno una grande speranza. Ma in ogni paese le condizioni sono diverse e spetta alle forze che ci sono decidere come muoversi. Io credo che ci sia bisogno della partecipazione dei partiti nei movimenti e lì dentro si devono costruire condizioni di partecipazione.

La presenza italiana in Grecia, nei giorni delle elezioni, è stata la più massiccia e visibile tra quelle delle sinistre europee.

Voglio ringraziare, a nome di Syriza, la sinistra italiana, che ha sostenuto i nostri sforzi. La miglior solidarietà che possiamo ricevere in Grecia è che in ogni Paese cambino gli equilibri, e su questo siamo disponibili a fornire il nostro aiuto. Sappiamo molto bene che i poteri forti ci attaccano per distruggere la possibilità di un cambiamento in Europa. Per questo la prima cosa che facciamo, quando andiamo in giro per il continente, è informare su quello che accade realmente in Grecia. Poi vogliamo aiutare con la nostra presenza le forze che si organizzano e sostenere l’idea che il nostro è un tentativo di cambiare l’Europa.

Nel frattempo sono passati due mesi e le trattative con l’Ue non si sono ancora sbloccate.

Abbiamo già fatto molte cose. Il governo precedente aveva messo in atto una strategia di soffocamento, che abbiamo superato con l’accordo del 20 febbraio perché abbiamo potuto slegare il finanziamento dal Memorandum, guadagnare quattro mesi, mettere in dubbio l’ammontare del surplus primario e cominciare ad applicare il nostro programma di Salonicco per affrontare la crisi umanitaria e dare la possibilità ai cittadini di pagare i debiti in cento rate. Da questa misura abbiamo già incassato 500 milioni. Questo permette al governo di ripartire, ma anche alla gente di respirare. Se l’Ue avesse accettato la prima lista di riforme saremmo andati anche più spediti, ma evidentemente qualcuno non voleva che l’accordo fosse applicato. Ora abbiamo presentato una seconda lista di riforme, ma è chiaro che, così come rispettiamo le regole Ue anche se non siamo d’accordo, allo stesso modo rispetteremo anche il mandato che abbiamo avuto dal nostro popolo. Non accetteremo misure recessive e di austerità.

Quali misure state adottando, nel frattempo?

Il nostro obiettivo, in questi primi mesi, è di migliorare la vita della gente. La gente capisce che in questo momento è in corso una durissima trattativa, per questo abbiamo un grande sostegno anche da persone che non ci hanno votato. È importante inoltre fare delle riforme strutturali che ripristinino i diritti e la democrazia, dalla riapertura della tv pubblica Ert alla riassunzione dei dipendenti pubblici licenziati, fino alla riforma della Pubblica amministrazione. Un punto molto importante è quello delle frequenze televisive, dove c’è uno scontro molto forte perché finora i privati non hanno pagato nulla. Vogliamo inoltre fare una grande battaglia contro la corruzione, i traffici di combustibile, il contrabbando di sigarette e abbiamo avviato trattative con le autorità svizzere per mettere una tassa sui capitali all’estero. Abbiamo intenzione anche di tassare i grandi patrimoni e ripristinare i contratti collettivi di lavoro, affrontare il lavoro nero e dare la cittadinanza ai figli degli immigrati, nonché chiudere le carceri di massima sicurezza di tipo C. Poi ci sono le misure per la crisi umanitaria: vietati i pignoramenti della prima casa, sostegno economico agli affitti, la corrente elettrica riallacciata a chi se l’era vista staccare.

Proprio oggi il Wall Street Journal ha scritto che i creditori non sarebbero contenti delle proposte greche.

Siamo in una fase di trattativa dura, ma il governo greco ha deciso di applicare il suo programma. Per noi non c’è nessuna possibilità di fare una politica che si è dimostrata sbagliata e inaccettabile per il popolo greco. Ma credo che alla fine potremo trovare una soluzione soddisfacente per tutti.

Crede che l’area critica del suo partito accetterà l’eventuale compromesso?

Nessuno in Grecia si è sorpreso delle differenti posizioni dentro Syriza. Anche se ci sono opinioni differenti, abbiamo dimostrato nelle situazioni difficili che possiamo andare tutti insieme. L’accordo del 20 febbraio non era tutto positivo, si trattava del risultato di una trattativa difficile. Ma la cartina di tornasole sarà a giugno, quando si porrà il grande problema del debito.

Cosa pensa che accadrà?

La cosa importante è che riusciamo ad arrivare in una posizione favorevole. Sappiamo che di qui ad allora ci saranno trattative continue e momenti difficili, ma è già positivo che nel Consiglio europeo abbiano accettato che le politiche adottate finora hanno creato la crisi umanitaria: è l’ammissione che si trattava di una politica sbagliata. La Grecia deve liberarsi dal cappio del debito per poter trasferire le risorse necessarie a far ripartire l’economia: l’abbiamo chiamato “Patto per la ricostruzione produttiva del paese”. Solo così possiamo rompere il circolo vizioso dell’austerità e affrontare i grandi problemi della disoccupazione e della crisi umanitaria.

E se l’Ue non accetta?

Abbiamo ricevuto un mandato ben preciso dal popolo greco: di lottare dentro l’Ue per far uscire il paese dalla crisi, con una politica completamente diversa da quella applicata finora. Non vogliamo la rottura, ma non siamo neppure disposti ad applicare la politica così com’è stata finora. Questo lo capiscono anche a Bruxelles.