Atene ha accolto la vigilia del voto con una splendida giornata di sole che ha offerto agli ateniesi la tentazione di fuggire dalla campagna elettorale verso un bagno ristoratore nel golfo Saronico. Chi aveva deciso di astenersi prolungherà la breve evasione anche oggi, a urne aperte. La percentuale degli astensiosnisti deciderà anche il vincitore di queste elezioni perché si sa che la maggior parte di loro sono ex elettori di Syriza delusi e scoraggiati dal brutto esito della trattativa. Lo sa anche Alexis Tsipras, che si è speso come non mai in questa campagna pur di farli tornare da lui.

La manifestazione di chiusura a Syntagma, venerdì sera, ha dimostrato che non è stato tutto vano. La piazza era piena. Non pienissima come alla vigilia del referendum ma sicuramente ha visto la più grande partecipazione di tutta la campagna elettorale. Una parte consistente del suo elettorato è tornato a dare fiducia a Syriza. La vittoria è a portata di mano, anche se l’obiettivo della maggioranza assoluta sembra lontano.

I greci sono testardi e orgogliosi. Se uno vuole farli infuriare basta che faccia cenno alla loro presunta «immaturità politica» e alla conseguente necessità che si lascino guidare da forze «responsabili» perché ispirate da centri stranieri. Ecco in breve il ritratto della destra in cerca di rivincita, alzando la bandiera dell’«unità nazionale». Un espediente made in Germany per neutralizzare per sempre gli antagonisti. No, il gioco è talmente scoperto che nessuno ci è cascato. Nuova Democrazia ha recuperato alcuni elettori, ma erano voti suoi che a gennaio si erano presi una libera uscita: non segnano uno spostamento a destra dell’elettorato.

La sinistra può aver sbagliato, essere uscita sconfitta nel negoziato, ma è sempre quella che ha tenuto testa ai diktat di Bruxelles e di Berlino, è quella che ha dato battaglia, mentre la destra si inchinava servile di fronte alla Merkel. Cose ben vive nella memoria collettiva. Tsipras lo sa e per questo è apparso ieri rilassato e sorridente al tradizionale incontro «Un ouzo con il capo» con i giovani di Syriza, in un locale alternativo di Monastiraki, il quartiere tradizionale sotto l’Acropoli. Nessuna dichiarazione prelettorale (la legge lo proibisce) ma una chiacchierata con i pochi studenti rimasti nel partito dopo la defezione di tutta l’organizzazione giovanile verso Unità Popolare. Domanda: «Presidente sarà ridotto il servizio militare?», ora della durata di 9 mesi. Risposta sorridente di Tsipras: «Andate a difendere la patria, sfaccendati». Risata generale.

Il distacco di Syriza rispetto alla destra sarà di almeno quattro punti. Me lo conferma il direttore dell’agenzia di stampa ateniese Michalis Psilos, ossservatore neutrale ma disposto a scommettere anche in favore di una sconfitta ancora più umiliante per la destra. Che in questi ultimi giorni ha mostrato il suo volto peggiore: venerdì era il secondo anniversario dell’assassinio di Pavlos Fyssas e il fuhrer di Alba Dorata Michaloliakos ha rivendicato pubblicamente la «responsabilità politica» per l’uccisione. Alla fine di una delle tante manifestazioni per l’anniversario, un gruppo di anarchici ha assaltato a colpi di molotov il commissariato di Exarchia. Sette minorenni fermati sono stati selvaggiamente pestati dai poliziotti. Ecco la destra ellenica in tutta la sua magnificenza: pestaggi nei commissariati e gara con i nazisti su chi la spara più grossa nella retorica xenofoba. Il leader di Nuova Democrazia Vangelis Meimarakis aveva preso di mira anche l’ex ministra dell’Immigrazione Tasia Christodoulopoulou, rendendola un obiettivo visibile per le squadracce naziste.

All’incontro ha fatto la sua comparsa anche l’ex ministro della Cultura Nikos Xidakis, per tanti decenni responsabile delle pagine culturali di Kathimerini. E’ candidato di Syriza ma non è membro del partito. Anche lui è ottimista e mi espone con grande fervore la sua convinzione che la sinistra al governo greco può fare la differenza in Europa.

Ad Atene tutti sono convinti che i negoziati con i creditori non sono per niente finiti. Il terzo memorandum, quello sottoscritto da Tsipras il 13 luglio, non segue alcuna logica economica. E’ un testo messo su solo per ragioni politiche, per umiliare e delegittimare il governo di Atene. Ben presto quindi dovrà essere rivisto, se non si vuole continuare questo logorante braccio di ferro tra Atene e l’Ue per altri cinque anni. Se Tsipras riuscirà nel frattempo a portare avanti le riforme giuste, sarà in grado di rinegoziare gli aspetti più aspri. Con il vantaggio di aver ottenuto anche una seria ristrutturazione del debito, nei negoziati che iniziano a ottobre.

Tsipras insieme con chi? Le alleanze al governo sono il quiz della vigilia. I Greci Indipendenti, che hanno fatto la campagna Tv di gran lunga più spiritosa, rischiano di non superare la soglia del 3% e rimanere fuori dal Parlamento. In questo caso, oppure nell’eventualità che neanche i loro deputati siano sufficienti, ci sarebbe un accordo di massima già pronto. Non è con To Potami, come tutti credevamo, cioè la formazione di plastica del presentatore Tv Stavros Theodorakis, ma con i socialisti del Pasok. Secondo fonti di Syriza, la nuova leader Fofi Gennimatà ha ricevuto forti pressioni da alcuni partiti socialisti europei perché procedesse verso una rifondazione del socialismo ellenico. In pratica, mettere da parte gli esponenti più esposti e più chiacchierati, come l’ex leader Evangelos Venizelos, per poter collaborare con il premier Tsipras. Per la Gennimatà, politica inesperta e senza grande carisma, è un’occasione d’oro per affermare in pieno la sua leadership. Per Tsipras l’obiettivo sarebbe di condizionare gli equilibri interni del partito di centrosinistra in modo da sganciarlo dall’alleanza subalterna con la destra liberista europea.

E’ questa la politica sotto l’ombra del Partenone, antica passione dei greci, ora in mano a una sinistra che aspira a guidarla e condizionarla. Dal gennaio scorso molta acqua è passata sotto i ponti ma non inutilmente: «Sconfitta non è cadere per terra, sconfitta è non poter rialzarsi», ha gridato Tsipras nel suo ultimo comizio, parafrasando Humphrey Bogart. Stasera si rialzerà in piedi e getterà di nuovo il suo guanto di sfida all’Europa dell’austerità.