Sono trascorsi quasi due anni da quando un imprenditore polacco ha rilevato il marchio della Maflow. La fabbrica del settore automotive di Trezzano sul Naviglio (un comune a sud-ovest di Milano) era allora in amministrazione straordinaria. All’acquirente interessava il marchio e le commesse della Bmw. Una volta ottenuto lo scopo, ha perciò chiuso i cancelli e ha lasciato senza lavoro 330 persone. Gli operai, però, si sono organizzati adottando il motto delle fabbriche recuperate in Argentina, mutuato dal Movimento Sem Terra brasiliano: «Occupare, resistere, produrre». Oggi vogliono passare alla produzione industriale nel campo del riuso e del riciclo e per questo hanno lanciato un appello internazionale per raccogliere fondi, firmato da Evo Morales, Ken Loach, Erri de Luca… Ieri, hanno invitato alla loro giornata di lotta e di festa lo storico leader dei Sem Terra brasiliani, Joao Stedile, primo firmatario dell’appello, che ha risposto alle domande del manifesto.

Com’è nata questa alleanza tra i Sem terra e la Ri-Maflow?

Da anni seguiamo con attenzione questo tipo di esperienze, in Italia e in altri paesi in cui, per via della crisi, le fabbriche falliscono e gli operai ne prendono il controllo. Un segnale di come si possa reagire e vincere, organizzandosi e prendendo nelle proprie mani i mezzi di produzione. Abbiamo conosciuto Gigi Malabarba e l’esperienza della Ri-Maflow a Trento, a un incontro dell’Altraeconomia e abbiamo preso contatto, sia con loro che con esperienze come quella di Genuino clandestino, una fattoria recuperata dai lavoratori. Ci sentiamo fratelli con loro e con i centri sociali occupati che fanno un lavoro nei quartieri popolari con i migranti e trasformano quei luoghi in vere trincee dell’alternativa economica e culturale. Ognuno ha una sua trincea di resistenza di proposta e ci sentiamo fratelli.

Qual è il bilancio di trent’anni di lotta in Brasile e in che modo può essere utile in condizioni come quelle italiane?

Fin dall’inizio abbiamo cercato di imparare dall’esperienza della classe operaia e contadina, sia di altri paesi che del Brasile. Non abbiamo inventato niente, cerchiamo però di far fruttare l’esperienza storica della lotta di classe applicando alcuni principi organizzativi: intanto il movimento dev’essere autonomo dai partiti, dalla chiesta, dallo stato, anche dai governi amici. E non per essere contro la politica, ma perché la natura del movimento popolare è diversa da quella del partito e per evitare che i problemi dell’uno influenzino quelli dell’altro, è meglio non mischiare le cose. Inoltre occorre una direzione collettiva e una rotazione delle cariche, e una costante attenzione allo studio perché la conoscenza è un’arma formidabile per la coscienza della classe lavoratrice e per tutti i movimenti. E poi è importante che, nel proprio quotidiano, ognuno interpreti la propria militanza con spirito di sacrificio, per garantire il beneficio di tutti e non il proprio personale. Altrimenti si creano brecce in cui la borghesia si incunea per cooptarti, deviare il movimento e impedire il vero progetto di liberazione.

All’Incontro mondiale dei movimenti popolari, a cui i Sem Terra hanno fortemente contribuito, è stata fissata un’agenda comune. In che modo partecipano le fabbriche recuperate italiane?

Abbiamo la consapevolezza di un nemico comune: il capitalismo oggi è globalizzato, contro di noi ci sono le stesse banche, l’imperialismo Usa che ci impone il controllo del dollaro, l’informazione a senso unico e il controllo delle nuove tecnologie. Di fronte a questa nuova situazione, i problemi di terra casa lavoro e diritti connessi sono i medesimi. Dobbiamo allargare la lotta di massa su obiettivi comuni e aumentare nei movimenti la coscienza del conflitto e la loro organizzazione. In America latina ci sono esperienze molto avanzate: dall’Argentina, al Venezuela, al Brasile, all’Uruguay, dove esiste un movimento di costruzione di case a livello cooperativistico. E per questo stiamo pensando di organizzare un prossimo incontro a livello continentale. Quello dell’autogestione è un processo lungo, ma è la vera alternativa.