“Circa” trenta. “Almeno” una settantina. La rassegnazione è una modalità dell’abitudine. E così ci siamo rassegnati a conteggiare i morti al metro cubo o a spanne. Tutti i giorni. Tanti quanti ce ne stanno in una ghiacciaia di due metri per tre, uno sopra all’altro, tecnicamente si direbbe strage.

L’altro giorno dovevano essere “circa” trenta i cadaveri imprigionati nel barcone ormeggiato nel porto di Pozzallo e invece, dopo una straziante operazione di recupero, ne sono stati estratti quarantacinque: ci siamo sbagliati di quindici. Sempre strage è. Ma oggi è un nuovo giorno. Dunque un altro quarto d’ora di celebrità collettiva – non un volto, non un nome provocherà un nodo alla gola – tocca ad altri esseri umani che nei giorni scorsi sono stati inghiottiti dal mare in un altro naufragio: “almeno” una settantina. Forse 74. Ancora strage.

Meno impressione desta un altro annegamento collettivo sfuggito alla conta quotidiana: “solo” due morti e quattro dispersi in non si sa bene quale altro viaggio verso l’Italia.

Le due nuove tragedie sono state annunciate ieri dall’Unhcr dopo aver raccolto le testimonianze di ventisette superstiti sbarcati martedì a Catania dalla nave Orione. La notizia dell’ennesima strage è stata confermata anche dalla procura di Catania, che ha aperto un’inchiesta sul gommone scomparso nel canale di Sicilia.

Contemporaneamente, a Strasburgo, è andato in scena il Matteo Renzi show. E’ commovente constatare che nel suo lungo discorso il presidente del Consiglio abbia avuto il buon cuore di infilare qualche riga sull’impegno italiano per “far fronte alle stragi” nel Mediterraneo: “Con la condivisione degli altri paesi e della Commissione riusciremo a far fronte in modo più deciso per il futuro ai flussi migratori con Frontex plus”. Ma è un’altra la frase destinata a lasciare il segno: “Se continuiamo a rinchiuderci nelle nostre frontiere non andremo da nessuna parte. Il protagonismo dell’Europa non è solo nelle esigenze economiche ma anche nella dimensione umana: voi rappresentate un faro di civiltà, la civilizzazione della globalizzazione”. Sarebbe da incidere a futura memoria su migliaia di lapidi lungo le coste della Sicilia, magari un giorno qualcuno la rileggerà come quel “vincere e vinceremo” sbiadito sui muri.

Sicuramente meno gloriosa l’audizione del ministro degli Interni Alfano che ieri in Senato, mentre in Sicilia si contavano i morti, si è limitato a farsi gli auguri – “il semestre italiano di presidenza può essere una svolta” – prendendosela con i “mercanti di morte”, non senza concedersi un briciolo di umanità per le agenzie di stampa: “Anche i morti, non solo i vivi, volevano arrivare in Europa”. Quanto a loro, i vivi, anche con questo governo hanno poco da stare sereni: “L’ipotesi della soppressione dei Cie è difficilmente praticabile, visto che sono continuamente all’opera” (cinque prigioni per cinquecento prigionieri che non hanno commesso alcun reato).

Se non fosse inutile, il ministro Alfano, invece di rivendicare le prigioni per innocenti mentre è in corso un’ecatombe, potrebbe segnarsi quanto detto ieri dall’agenzia dell’Onu per i rifugiati, e cioè “la necessità che i governi forniscano urgentemente alternative legali ai pericolosi viaggi in mare”. Significa agevolare l’ingresso per ragioni umanitarie, “garantendo alle persone disperate e bisognose di un rifugio la possibilità di cercare e trovare protezione e asilo”. Non Frontex plus.

Oltre alla drammatica conta dei morti, ogni giorno bisogna avere a che fare anche con i vivi, e se fossimo un altro paese sarebbe una gran bella notizia: ieri pomeriggio, nel porto di Augusta (Sr), sono sbarcati altri 150 migranti soccorsi dalla guardia costiera a 100 miglia a sud est dalla costa. Stanno tutti bene. Sabato sera, invece, a Pozzallo, ci sarà una fiaccolata per ricordare con una preghiera comune le 45 persone morte su quel peschereccio ancorato nel porto. E’ una idea del sindaco Luigi Ammatuna. Ha detto che sarà una fiaccolata multiculturale e aperta a tutti i culti religiosi. Incredibilmente, non sono attese milioni di persone.