Oltre ottocento. Dove quell’oltre non può quantificare l’orrore perché è impossibile sapere quante persone sono morte annegate nel mare Mediterraneo nel corso di questo tragico 2014. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati fornisce questa cifra approssimativa che purtroppo non impressiona più nessuno. Eppure, dice l’Unhcr, “i sopravvissuti hanno riferito di sconvolgenti episodi, tra cui annegamenti di massa, soffocamenti e sospetti accoltellamenti multipli”. Nel 2012 sono state cinquecento le persone che non ce l’hanno fatta, l’anno scorso, segnato dalla tragedia al largo di Lampedusa, seicento. In due anni e mezzo sono state accertate millenovecento vittime, e un colpevole che prima o poi dovrà rendere conto alla storia. L’Europa, con le sue politiche di sfruttamento e chiusura.

La tragica conta sembra non avere mai fine. Basti pensare che solo negli ultimi dieci giorni, rivela l’Unhcr, più di 260 persone sono morte o disperse mentre tentavano di raggiungere l’Europa. L’anno in corso registra un picco record di arrivi, una situazione che sta mettendo in grande difficoltà la capacità di ricezione dell’Italia, non perché non ci siano luoghi decenti dove accogliere i profughi ma perché il governo non ha fatto nulla fino ad oggi, se non lasciare il cerino in mano al ministro Alfano che ogni giorno si affanna a gridare al vento le colpe dell’Europa che ci lascia soli.

Nel primo semestre del 2014 più di 75 mila migranti – la stragrande maggioranza profughi in fuga da guerre e fame – sono arrivati via mare in Italia, Grecia, Spagna e Malta: il 25% in più rispetto ai 60 mila che hanno compiuto lo stesso tragitto nel 2013 e il triplo in più rispetto ai 22.500 che sono sbarcati nel 2012. All’Italia è toccato lo sforzo maggiore (ad oggi 84.884 arrivi sulle nostre coste, ma non c’è dato più parziale di questo visto che i migranti sbarcano tutti i giorni), la Grecia ne ha accolti 10.080, la Spagna 1.000 e Malta 227. Sono nel fine settimana del 19 e 20 luglio le navi della marina italiana e maltese, con il supporto di diversi mercantili, hanno salvato 8.000 persone. La maggioranza dei profughi proviene da Eritrea, Siria e Mali, quasi tutti sono partiti dalla Libia, paese con il quale è impossibile stabilire qualsivoglia accordo rispettoso dei diritti umani.

Un dato che colpisce, e che per l’Italia rappresenta un ulteriore elemento di criticità, riguarda i minori: nei primi sei mesi ne sono arrivati 10.563. Più di un terzo proviene dalla Siria (3.676), gli altri, per lo più eritrei, non sono accompagnati o sono stati separati dalle loro famiglie (6.500). I racconti disperati dei sopravvissuti più o meno coincidono, conferma l’Unhcr. Danno tutti i risparmi a chi organizza il viaggio, vengono stipati in imbarcazioni di fortuna, senza acqua e cibo, senza salvagente. La traversata può durare quattro giorni, ma alcune persone sono rimaste in mare due settimane prima di essere soccorse. Un tempo lunghissimo che quasi sempre si consuma in una tragedia difficile da raccontare. Il 14 luglio, per esempio, ricorda l’Unhrc, una nave italiana ha soccorso 12 naufraghi a 40 miglia dalla Libia, ma quel gommone era partito con 121 persone a bordo (109 persone sono tutt’ora disperse). Il giorno dopo, 29 persone sono state trovate morte per asfissia nella stiva di una imbarcazione, e chi ce l’ha fatta ha raccontato di 60 persone accoltellate e gettate in mare mentre cercavano disperatamente di risalire a bordo (altre 131 risultano tutt’ora disperse).

L’Alto commissario per i rifugiati, Antonio Guterres, si è unito al coro di chi sta invocando una nuova politica europea per l’immigrazione. “La morte di 260 persone in meno di dieci giorni nelle più orribili circostanze – ha dichiarato – è la prova che la crisi del Mediterraneo si sta intensificando. Gli stati europei devono adottare misure urgenti per fermare questa catastrofe, che sta peggiorando nella seconda metà del 2014”. Le richieste, o preghiere, sono sempre le stesse. Bisognerebbe rafforzare l’operazione di soccorso in mare, garantire a chi fugge dalla guerre maggiore rapidità di accesso alle procedure per la richiesta di asilo e, soprattutto, offrire ai migranti un’alternativa protetta per raggiungere l’Europa senza rischiare la vita. Ma anche la risposta dell’Europa è sempre la stessa.