Si chiamava Luis Manuel Diaz e aveva 44 anni il dirigente venezuelano del partito Accion Democratica (Ad). È stato ammazzato dopo un comizio in Altagracia de Orituco, nel Guarico, una regione centrale del Venezuela, a 250 km a sud di Caracas.

L’omicidio è stato commesso mercoledì notte e il presunto assassino è stato arrestato nelle ore successive, inchiodato da forti indizi e testimonianze. Si tratta di Jesus Noguera Hernandez, 28 anni, detto «El Pipi», noto per la sua appartenenza alla banda di «El Picure», un pericoloso criminale ricercato dalle autorità venezuelane.

L’arrestato era in possesso del database con le informazioni riservate dell’opposizione venezuelana, riunita nel cartello della Mud, la Mesa de la Unidad Democratica, di cui fa parte Ad.
Accion Democratica (di centrosinistra, nel secolo scorso) è stato uno dei due partiti che, dalla cacciata del dittatore Marco Pérez Jimenez nel ’58, ha gestito l’alternanza di governo con il Copei (equivalente della Democrazia cristiana in Italia): fino alla vittoria elettorale di Hugo Chavez che, nel 1998, ha scompaginato trasversalmente l’arco degli schieramenti politici tradizionali, determinando il campo di una nuova sinistra «umanista e gramsciana».

Anche l’ucciso – diventato segretario di Ad due mesi fa – aveva precedenti penali. Dal 2010 era sotto inchiesta per omicidio, sospettato di essere il capo della banda Los Plateados, in lotta con gli avversari per il controllo della zona. A dispetto del suo soprannome, – El Crema – Diaz era considerato un duro, esperto nella contrattazione di posti di lavoro nella regione. Due anni fa era uscito dal carcere, ma – raccontano alcuni operai – aveva paura di essere ammazzato perché, attraverso il traffico dei posti di lavoro, mirava ai vertici del sindacato petrolifero di Altagracia de Orituco.

Nella regione, la compravendita di posti di lavoro nei cantieri di opere pubbliche di grande portata – gestite dalla petrolifera di stato Pdvsa e da Corpoelec, l’impresa elettrica nazionale creata da Chavez nel 2007 – è un affare molto appetibile. La compravendita di posti di lavoro, governata da mafie sindacali modello Usa è una perversa eredità degli anni della IV Repubblica, che il nuovo modello di gestione popolare proposto dal chavismo non è riuscito a debellare dappertutto.

Nella parte centrale del paese si stanno costruendo ferrovie, strade, reti di gas e installazioni elettriche e i gruppi sindacali possono gestire l’assunzione di almeno il 75% degli operai. Questo fa sì che alcuni personaggi – “delegati sindacali” – intaschino tangenti e al contempo siano sul libro paga delle imprese di subappalto, per garantire l’a-conflittualità o le catene clientelari.

Il gruppo maneggiato da Diaz aveva almeno il controllo dell’impianto termoelettrico Ezequiel Zamora, ma era in lotta con altri cartelli gestiti da El Picure. Lo scorso maggio, alcuni sicari in moto ammazzarono due dei suoi più stretti collaboratori, Mauro Mejias e José Paredes. Il segretario di Ad era sempre accompagnato da uomini armati, ma questo non è bastato a salvargli la vita.

Il contesto in cui è maturato l’omicidio è chiaro e così pure le motivazioni che lo hanno prodotto. Tuttavia, nell’acceso contesto politico che precede le parlamentari del 6 dicembre, l’episodio è balzato a livello internazionale, provocando prese di posizioni e attacchi al governo Maduro.

Immediatamente, infatti, le destre hanno accusato dell’omicidio il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv).

Ha dato il la il segretario generale di Ad, Ramos Allup. La sua dichiarazione è stata ripresa dalla moglie del golpista Leopoldo Lopez, leader di Voluntad popular, in carcere per le violenze dell’anno scorso: Maduro è l’«unico responsabile», ha detto.

Luis Almagro – il segretario generale dell’Osa che per i suoi atteggiamenti si è messo contro Pepe Mujica e tutta la sinistra uruguayana – ha chiesto la sospensione delle elezioni. Il Parlamento europeo ha annunciato l’invio di propri osservatori, oltre alle migliaia invitati dalle destre e già presenti qui.

L’ambasciata Usa a Caracas ha emesso un comunicato definendo quello di Diaz “il più mortale dei vari recenti attacchi e atti di intimidazione diretti a candidati dell’opposizione”.
Come ha invece dimostrato il lavoro della Piattaforma internazionale dei media popolari, che si è recentemente costituita a San Paolo del Brasile e che ha smontato con dati e video le presunte «aggressioni» a Tintori e soci, si tratta di «guerra mediatica».

La serie di fatti inventati – scrive la Piattaforma – serve ad alimentare un meccanismo internazionale che porta il governo a «dissociarsi» da avvenimenti di cui non ha colpa, lasciando l’impressione di una compagine allo sbando o malata di complottismo. Le numerose esecuzioni mirate ai danni di dirigenti chavisti, nazionali e territoriali vengono invece presentati dalle destre come «regolamenti di conti».

In una trasmissione pubblica, Maduro ha affermato che attori politici legati all’estrema destra “stanno offrendo tra i 30 e i 50 mila dollari alla malavita paramilitare perché compia atti di violenza indossando magliette chaviste. L’intreccio tra mafia e politica che governa le aree oltranziste di opposizione è emerso con forza negli ultimi mesi, a seguito di alcuni efferati omicidi interni come quello della militante Mud Liana Hergueta,squartata dai suoi in un quartiere di Caracas.

Intanto, nel parlamento argentino, il Frente para la Victoria ha emesso un comunicato di solidarietà al Venezuela, che il neo-eletto Macri, grande amico di Tintori e soci vorrebbe far cacciare dal Mercosur.