Da una parte il dialogo, dall’altra il piombo. Da una parte i colloqui con il governo – che iniziano domani sull’isola Margarita, sotto l’egida del Vaticano, della Unasur e di un gruppo di ex presidenti, capitanati dallo spagnolo José Zapatero – , dall’altra le manifestazioni violente. L’opposizione venezuelana mostra così la sua doppia faccia. E baratta la vita delle persone nel teatrino dei giochi di potere per la leadership e per avere un posto in prima fila sotto lo stivale dei grandi padrini (il Congresso Usa ha nuovamente destinato milioni di dollari per i “diritti umani”).

Un poliziotto è stato ucciso e altri feriti da colpi di arma da fuoco. Alcuni edifici pubblici sono stati dati alle fiamme nello stato Tachira. La giovane Yuri Patiño, Directora General del Gabinete Cultural de Amazonas è stata aggredita dagli squadristi di estrema destra. Sottratta alla furia del branco solo grazie al coraggio delle sue compagne, è ora ricoverata in ospedale. Almeno ha salvato la pelle. Ben diversamente è andata, purtroppo, a molte altre donne dei settori popolari, che dirigono le lotte di quartiere e che levano la voce contro le mafie di stampo politico. Contro di loro, da qualche anno agiscono bande paramilitari che operano alla maniera messicana o colombiana: uomini incappucciati irrompono nelle case popolari, prelevano le leader comunitarie sotto gli occhi atterriti dei figli e poi fanno ritrovare i loro cadaveri torturati.

“Maduro, ti aspettiamo alla frontiera”, ha scritto minaccioso l’ex presidente colombiano Alvaro Uribe, che ha suggerito al Parlamento guidato dalle destre uno dei due motivi per “l’impeachment” al presidente venezuelano: Maduro sarebbe nato in Colombia, e dunque la sua elezione sarebbe da invalidare. Altro motivo d’impeachment, l’abbandono dell’incarico, a seguito del viaggio-lampo compiuto di recente dal presidente: per concordare con alcuni paesi petroliferi la regolazione del prezzo del petrolio, crollato ai minimi storici. Un viaggio di 5 giorni che, secondo la costituzione, non necessita di autorizzazione parlamentare. Prima di rientrare in patria, Maduro è stato ricevuto dal papa, che gli ha regalato un angelo in lotta con i demoni… Poi, il presidente ha incontrato il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.

Le destre vorrebbero applicare il modello brasiliano o paraguayano, quello del golpe istituzionale. L’impeachment non è però contemplato nella costituzione bolivariana, mentre è previsto il referendum revocatorio, possibile a metà mandato. E su questo – sul rinvio per frode deciso da alcuni tribunali – si è scatenata la bagarre dell’opposizione, che ha chiesto l’intervento degli organismi internazionali e sanzioni al proprio paese.

Maduro ha invitato al dialogo anche l’immarcescibile presidente del Parlamento. Ramos Allup, vicepresidente dell’Internazionale socialista e per questo ben appoggiato in Europa. Allup ha rifiutato di andare, continuando a presiedere un’Assemblea le cui decisioni sono state dichiarate nulle dal Tribunal Supremo de Justicia (Tsj) per aver incorporato 4 deputati accusati di frodi e sospesi in attesa di giudizio.

Lo scontro è aperto. Uno scontro fra due modelli di paese: uno a tutela di privilegi secolari, l’altro a difesa degli ultimi. Ognuno si schiera. Una parte delle gerarchie ecclesiastiche ha sabotato le decisioni del papa, preferendo chiamare alla violenza e all’omicidio politico (uno per tutti, il torvo padre Palmar). Una parte degli imprenditori, al contrario, non ha aderito allo sciopero proclamato ieri dalle destre.

Il copione dell’opposizione è quello messo in campo durante il golpe del 2002 contro Chavez. I tempi, però, sono cambiati. “Fabbrica abbandonata, fabbrica recuperata”, ha ripetuto ieri Maduro, che ha aumentato del 40% salari e pensioni e bonus di alimentazione. E la Forza armata ha ribadito la propria lealtà alla Costituzione. “Dopo ogni 11, viene un 13”, dicono i muri, ricordando l’11 aprile del 2002 e il breve golpe di Carmona Estanga: obbligato alla fuga dal popolo che, il 13, riportò al suo posto Hugo Chavez.

Del Venezuela e dell’America latina bolivariana si discute a Roma fino a domenica, allo Scout Center (Largo dello Scoutismo, 1), per il V Incontro nazionale della rete Caracas Chiama.