La confusione è grande sotto il sole. Capita, soprattutto dopo un trionfo inaspettato, almeno per quanto riguarda le dimensioni.

Provare a rimettere ordine può apparire presuntuoso ed estremistico ma l’estremismo, quello del cervello, beninteso, dell’altro, quello pratico, non mette neanche conto parlare, – consiste nel fornire quadri interpretativi, magari illusori, ma in qualche modo fantasmi di un progetto che potrebbe esserci, e che forse sarebbe bene che ci sia.

Proviamo.

1. HO SEMPRE PENSATO che Matteo Renzi sia un politico mediocre, più aria e smorfie che sostanza, e l’ho persino scritto più volte. Il fatto che ci sia anche un «populismo del potere» in grado di sedurre masse cospicue di nostri concittadini (è accaduto altre volte nella nostra storia recente), non mi ha mai dissuaso da questo convincimento.

Tuttavia, è vero che nessuno, neanche uno di noi, avrebbe immaginato che un politico, per quanto mediocre, s’infilasse, gridando e ridendo, in un tunnel cieco come quello del referendum.

Siccome è accaduto, siamo autorizzati a pensare che Renzi, oltre a commettere errori, sia incline a combinare disastri: oggi il referendum, domani chissà.

Ma c’è di più. Per l’attaccamento al potere e l’assoluta mancanza di valori, Matteo Renzi non è solo un politico catastrofico: è anche un politico pericoloso. Meglio provvedere prima che dopo.

Se tutto ciò è vero, non solo il Parlamento e gli altri organismi istituzionali a ciò delegati dovrebbero liberarci nei modi opportuni di lui, ma anche il gruppo dirigente del Pd, – do per scontato che ne esista ancora uno, – dovrebbe fare rapidamente lo stesso. Un altro Segretario è condizione indispensabile per riavviare il processo.

2. IL SECONDO PROBLEMA È IL PD. Nelle sue innumerevoli e troppo frequenti trasformazioni, questo partito è tuttavia sempre rimasto (più o meno) un partito di centro-sinistra.

Ora cos’è?

L’abbandono totale, il rifiuto categorico da parte di Renzi di questa irrinunciabile caratterizzazione ha gettato il Pd, sia dal punto di vista programmatico sia dal punto di vista comportamentale (alleanze, scelte di valori, messaggi al popolo, ecc.) in un limbo indefinito e universalmente fungibile.

Questa, dopo quella personale di Matteo Renzi, è la seconda catastrofe.

Può l’Italia, con le sue problematiche sociali, economiche e strutturali, arrivate a livelli emergenziali folli, fare a meno di un partito di centro-sinistra in grado di proporsi come punto di convergenza di un insieme di forze?

GUARDANDOSI INTORNO (la nostra innominabile Destra, il mortificante populismo nostrano, il Movimento 5 Stelle), non si può che rispondere che, sì, non può farne a meno.

Però, un partito di centro-sinistra per essere tale dev’essere un po’ di centro ma anche un po’ di sinistra: se no, non è un partito di centro-sinistra; è un partito di centro (più o meno) che guarda a destra. Il partito di Renzi, appunto.

La seconda impresa che il gruppo dirigente del Pd dovrebbe compiere, dopo aver liquidato Renzi, è rifare del Pd un partito (chiaramente, anche se settariamente) di centro-sinistra.

3. LA SITUAZIONE È TALE da pretendere che non si perda altro tempo nel perseguire questi due obiettivi. Il referendum ha rivelato che le forzature e i colpi di mano non rendono. Ma anche che ormai la curva del dissenso e del rifiuto ha raggiunto nel nostro paese livelli altissimi, estremamente rischiosi.

Premono alle porte le falangi delle nuove milizie antirepubblicane, antistituzionali e persino antinazionali. Siamo al peggio del peggio. Ma quale straordinario impulso alla catastrofe ha impresso la mediocrità catastrofica dell’ormai ex Premier?

PER QUANTO POSSANO apparire parole d’ordine di vecchio stampo, solo un nuovo radicamento sociale nel paese potrebbe sbarrare la strada a tali inedite forme di eversione: politiche economiche aperte e dinamiche, non semplicemente restrittive; nuove garanzie d’ordine e stabilità; una recuperata dignità dello Stato e del pubblico; un impegno generalizzato e costante verso le classi povere e disagiate; una diversa attenzione ai giovani e al loro destino… Scendere nello scollamento che si è paurosamente allargato tra popolo e potere, e ricucirlo.

Bisogna dare una speranza a questo paese, non delle mance.

4. PER REALIZZARE UNA coalizione forte e rappresentativa di centro-sinistra, è necessario che vi partecipi, oltre che ovviamente un partito di centro-sinistra, anche quella che in Italia viene comunemente definita tout court «la sinistra». Del resto, non si tratta forse della medesima sinistra che, insieme con il partito di centro-sinistra, ha vinto le ultime elezioni politiche in Italia, consentendo poi a Renzi, che se ne è impadronito subito dopo con procedure sostanzialmente extra-istituzionali, di iniziare il suo temibile gioco?

«LA SINISTRA», OGGI in Italia, soprattutto dopo la duplice catastrofe renziana (governo e partito), appare animata da pulsioni contrastanti.

Le due più rischiose sono la tentazione dell’autosufficienza e qualche sotterranea (ma talvolta emergente) simpatia nei confronti dell’avanzata grillina.

Se sfuggisse alla tentazioni, diversamente micidiali, non potrebbe non tornare a persuadersi che in Italia, attualmente, l’unica prospettiva realistica di sinistra è il centro-sinistra.

A patto naturalmente che le due precedenti condizioni si realizzino: ossia il Pd si liberi di Matteo Renzi e torni di nuovo a muoversi in una direzione di centro-sinistra.

Altrimenti, com’è chiaro, anzi chiarissimo, sarebbe una proposta del tutto infondata, anzi, meglio, campata per aria.

5. SE LE QUATTRO condizioni precedenti si realizzassero in uno spazio ragionevole di tempo, o almeno ci si muovesse con chiarezza in tali direzioni, ne scaturirebbe un diverso quadro politico-istituzionale.

Non solo, come dicono tutti, e com’è giusto, per elaborare una nuova legge elettorale, coerente con il senso assunto dall’esito del referendum. Ma, più a fondo, perché non ci sarebbe bisogno di altre elezioni politiche a breve, per far emergere un processo rinnovatore di tale portata: anzi, in questo senso potrebbero essere addirittura micidiali (non a caso Renzi, pro domo sua, le invoca al pari di Grillo).

FINO A QUANDO? Questo lo si deciderà più avanti, a processo avviato, la legislatura termina nel 2018, non poniamo limiti alla Divina Provvidenza.

Certo, come ammoniva Prezzolini più o meno quando stava per sorgere l’astro di Benito Mussolini, «ci vorrebbe un Uomo». Però, se le condizioni, si danno, «un Uomo», o, s’intende, «una Donna», si trovano.

Vorrei concludere il discorso ancor più estremisticamente: non c’è altra strada.