Dentro la Reggia di Carditello, nella Terra dei Fuochi, le pareti sono dipinte con scene campestri dal paesaggista Jakob Philipp Hackert. Sono quei dipinti la prima cosa che racconta di aver guardato Pietro Marcello nella preparazione del suo Bella e perduta, che ha debuttato lo scorso agosto a Locarno e uscirà in sala il 19 novembre dopo aver inaugurato il Torino Film Festival. «Guardavo i disegni e i bozzetti dentro la Reggia, che raffiguravano un paesaggio straordinario disegnato nei secoli dal mondo contadino, e che è ancora lì fuori anche se è stato stuprato dal cemento».

Il suo ultimo documentario, a metà tra la realtà e la fiaba, affronta infatti il complesso e spesso tragico rapporto tra uomo e natura per come si manifesta nella tenuta borbonica di Carditello abbandonata a se stessa, circondata da discariche e per anni luogo di latitanza di camorristi, e di cui il pastore e agricoltore Tommaso Cestrone, detto «l’angelo di Carditello», si prendeva cura a titolo gratuito. «È la storia di un pastore che vivendo nella Reggia si fa principe», dice lo sceneggiatore di Bella e perduta Maurizio Braucci.

O meglio lo era, perché Cestrone muore poco dopo l’inizio delle riprese, proprio nel momento in cui l’ex Ministro Massimo Bray acquista all’asta il Real Sito di Carditello per sottrarlo all’abbandono e all’incuria.
«La morte di Tommaso – racconta Pietro Marcello – è l’imprevisto che ha cambiato il film in corso d’opera, che ci ha costretti a porci delle domande da un punto di vista etico. Inizialmente dovevamo seguire lui e il bufalo Sarchiapone, che Tommaso aveva sottratto a morte certa, in un viaggio lungo tutta l’Italia sulle tracce di un libro di Piovene. Poi il protagonista è diventato Sarchiapone stesso, e la vicenda è slittata nella fiaba, nel realismo magico». Ad accompagnare il bufalotto nella Tuscia, dove verrà affidato al pastore Gesuino, è ora Pulcinella, una delle maschere più importanti della Commedia dell’Arte.

Ma prima ancora, spiega Maurizio Braucci, «Pulcinella è una figura della tradizione etrusca che fa da intermediario tra i vivi e i morti, come testimonia la sua maschera che si metteva ai defunti e le vesti bianche che richiamano il lenzuolo in cui li si avvolgeva. Il suo è il ruolo archetipico dello psicopompo, che ci riporta ancora una volta alla terra dove i morti vengono sepolti e attraverso la quale si dialoga con loro».

Un dialogo fondamentale in questa Italia «bella e perduta», come la vuole il titolo del documentario – «che per noi è un film politico», dice il regista – in cui calcoli economici e criminali inquinano il rapporto tra uomo e natura, compresi gli animali. «Tommaso – racconta ancora Marcello – amava gli animali, e non sopportava che i bufali maschi venissero abbandonati a morire nelle fosse perché ritenuti inutili per la filiera produttiva. Per questo li salvava e li portava a vivere nella Reggia».
Prendendosi cura di Sarchiapone, dice il regista, «Pulcinella diventa il seme che viene piantato: sceglie il libero arbitrio, incarna il cittadino giudizioso», quello che sposa la causa della terra.