Un «reportage storico». Così, Ernesto Villegas definisce il suo libro “Abril golpe adentro”, un best-seller in Venezuela. Un’inchiesta articolata e rigorosa su un episodio cruciale nella storia recente del paese bolivariano, che ancora si proietta sul presente: il colpo di stato contro l’allora presidente Hugo Chávez Frias, l’11 aprile del 2002. Classe 1970, Villegas proviene da una famiglia di comunisti e di giornalisti, diversamente schierati nell’animata scena politica venezuelana: alcuni con il socialismo, altri con l’opposizione.

Pluripremiato per i suoi articoli e per i suoi programmi televisivi, Villegas nel 2002 lavorava sia «nel canale della rivoluzione che nel quotidiano dell’oligarchia». Per lui come per moltissimi altri, quelle drammatiche 47 ore furono però uno spartiacque. Avendo constatato dall’interno la consegna dei grandi media privati, schierati con i golpisti, («zero chavismo in onda» e nelle pagine), Villegas lasciò il giornale El Universal (a tutt’oggi di opposizione) e continuò a lavorare per la Tv di stato, Venezolana de Television, dopo la chiusura imposta dalla breve parentesi dittatoriale.

Abbiamo incontrato Villegas durante il nostro ultimo viaggio a Caracas, pochi giorni prima che venisse nominato Ministro della Comunicazione da Nicolas Maduro, incarico già ricoperto in precedenza. Una conversazione che accompagna le riflessioni su un libro attualissimo e ricco di fonti, da cui è stato tratto il film di José Antonio Varela, “Abril”, di prossima uscita.

Il «documento detonante di questa avventura narrativa – ricorda Villegas – è quello che contiene la testimonianza di Rafael Arreaza, “ministro” di Sanità del governo de facto, insediatosi in Venezuela nell’aprile del 2002. Dichiarazioni rese volontariamente al magistrato Danilo Anderson, che indagava sul golpe, due mesi prima che venisse fatto saltare in aria, il 18 novembre del 2004. Arreaza era parente stretto di Pedro Carmona Estanga, «presidente» del breve e composito Governo di Transizione Democratica e Unità Nazionale. Da lì, Anderson dipana i filoni dell’inchiesta».

Da lì, Villegas scompone e ricompone i fotogrammi di 47 ore di avvenimenti, raggruppa le domande per tema e le consegna al lettore, alla storia e a nuove inchieste: gli antecedenti del golpe; le decisioni del governo de facto; le azioni del governo deposto; il ruolo di Cuba; i morti dell’11 aprile e i franchi tiratori. E infine l’amnistia voluta da Chavez per tutti i partecipanti al golpe, esclusi quelli accusati di crimini contro l’umanità. La testimonianza di Rafael Arreaza funge da filo conduttore di un’inchiesta avvincente, che continua a essere arricchita di nuovi elementi.

Le sue affermazioni vengono messe a confronto con quelle contenute in altri libri, interviste, dichiarazioni pubbliche rese dai principali protagonisti di quei giorni, da un lato e dall’altro della barricata.

Un copione preparato a Washington, registrato in anticipo (e con i morti già preventivati) nelle redazioni dei media privati, concertato con le gerarchie ecclesiastiche, gestito dalle grandi corporazioni internazionali e dall’oligarchia. A metterlo in moto, il tradimento degli alti comandi convinti di gestire un golpe militare light sequestrando il presidente e obbligandolo a «rinunciare».

Occorreva mettere un freno al pacchetto di leggi varate da Chavez che indicavano ai poteri forti la direzione presa dal suo governo: indipendenza nazionale, lotta al latifondo, redistribuzione della rendita petrolifera a favore dei settori popolari, ruolo sociale delle forze armate…

Colpo di stato o vuoto di potere? Durante il sequestro di Chavez, la giunta gestita dal capo della locale Confindustria, Carmona Estanga, (Fedecamara) si servì della seconda interpretazione, assunta dalle principali istituzioni internazionali. Il suo decreto con il quale sospendeva tutte le garanzie e aboliva la Costituzione bolivariana, non lasciava adito a dubbi sulla natura golpista del «governo di transizione». Occorreva, però, mantenere una parvenza di forma «democratica», e per questo diffondere la tesi che Chavez avesse rinunciato all’incarico e deposto il suo vicepresidente, figura che avrebbe dovuto sostituirlo in caso di abbandono dell’incarico. La totale censura dei media privati avrebbe completato l’opera, raccontando in modo distorto anche quanto stava accadendo nelle piazze.

«Un’intensa campagna mediatica – ricorda Villegas – aveva convinto una parte del paese che l’approvazione di 49 decreti-legge, decisi nell’ambito di una Ley Habilitante, scaduta a mezzanotte del 12 novembre del 2001, avrebbe minacciato il loro tenore di vita, i loro valori e le loro aspirazioni, aprendo la porta ‘al comunismo’».

Per evitare che venissero sganciate bombe sul palazzo di Miraflores, il presidente aveva accettato di seguire i golpisti e di rinunciare all’incarico, ma aveva posto una serie di condizioni, consigliato in questo da Fidel Castro. Privo di informazioni su quanto poi stava accadendo, aveva cercato di guadagnare tempo, fornendo suo malgrado ai golpisti altro materiale da distorcere. Intanto, però, alcuni attori determinanti stavano mettendo i bastoni fra le ruote agli usurpatori.

Determinante fu l’intervento di Fidel Castro che diffuse da Cuba le dichiarazioni di Gabriela, figlia del presidente: Hugo Chavez non aveva rinunciato, ma era stato sequestrato. Fondamentale, l’idea dell’allora Procuratore generale Isaias Rodriguez, costituzionalista e oggi ambasciatore del Venezuela in Italia, che mise a rischio la sua vita. Per aggirare la censura dei media, Rodriguez convocò una conferenza stampa manifestando l’intenzione di dimettersi, invece denunciò il sequestro del presidente e chiese il rispetto della costituzione. Risolutiva la reazione dei militari fedeli a Chavez, che riscattarono il presidente sostenendo la pressione popolare, protagonista principale della sconfitta degli usurpatori.

Nel volume, Villegas ricorda l’assedio di Salvador Allende durante il colpo di stato in Cile nel 1973. «Quando stroncarono Allende – dice – io avevo tre anni, ma sono stato segnato dalle notizie che arrivavano in casa sugli orrori di Pinochet». Anche Chavez si era asserragliato con i suoi nel palazzo di Miraflores, deciso ad andare fino in fondo, «Fidel, però, lo convinse a non sacrificarsi e a giocare un’altra partita».

Quello orchestrato contro Chavez nel 2002 è d’altronde un colpo di stato di nuovo tipo, che ridefinisce in modo più complesso le ingerenze del Terzo millennio nell’ex cortile di casa degli Usa. Uno schema in cui i grandi media giocano un ruolo centrale, che si confermerà in seguito nei vari scenari in cui si articola la «guerra di quarta generazione»: demolire la credibilità dei presidenti scomodi, preparare il terreno alle aggressioni militari (e in subordine alle sanzioni), trasformare le vittime in carnefici e viceversa…

Da bravo giornalista, Villegas fa emergere tutti questi elementi senza però chiuderli in un assioma, e valorizzando l’importanza dell’informazione indipendente nella denuncia di quel colpo di stato. Grazie alla testimonianza del reporter Otto Neustaldt, che poi lascerà la Cnn, è emerso infatti il «copione» già scritto per quei militari. Grazie al coraggio di alcuni cronisti internazionali è stata scoperta la trappola di Puente Llaguno, dove i franchi tiratori hanno sparato da un tetto sugli spezzoni opposti del corteo, per screditare l’azione delle forze leali a Chávez.

«Su questi e su molti altri elementi oscuri si scava ancora – dice Villegas – e così il libro si arricchisce continuamente. Il film di José Antonio Varela, per quanto in chiave fiction sta portando nuovi elementi alla prossima edizione del volume. Molti libri hanno ispirato i film, ma non sono molti quelli che hanno dialogato con il film per nutrirsene».

Nella prefazione al volume, anche l’editore Giulio Santosuosso consegna i suoi ricordi di quelle 47 ore. Osserva che «il 95% di quelli che volevano la caduta di Chávez era composto da bianchi, europei figli di europei, nipoti di europei mentre il 95% di coloro che hanno riscattato il presidente eletto era composto da meticci», dai soggetti tradizionalmente esclusi da una «democrazia» priva di giustizia sociale.

A 15 anni da quei fatti, molta acqua è passata sotto i ponti, ma la vena golpista dell’opposizione venezuelana non è venuta meno. Parte delle correnti che animano l’attuale Parlamento, governato dalle destre, vorrebbe riesumare quello schema, mettendosi sulla via del golpe istituzionale, com’è avvenuto di recente in Brasile e prima in Paraguay e in Honduras. La responsabilità del chavismo nella sconfitta alle ultime parlamentari? Per Villegas «si deve fare di più nella comunicazione, soprattutto con i settori giovanili che hanno altre modalità di espressione, e mettere a frutto i punti di forza di un partito che ha comunque un grande consenso e che non ha bisogno di snaturare i propri principi cercando alleanze per governare».