È ormai notte e il risultato definitivo non è ancora stato diffuso come inizialmente avevamo sperato. L’agognata maggioranza assoluta si sta giocando su una forchetta ridottissima: tra 148 e 151. Dipende da un calcolo difficile dettato da un complicatissimo sistema elettorale.

In attesa che Alexis arrivi e salga sul grande palco che è stato allestito davanti all’Università, proprio contigua allo slargo dove è stato montato il tendone allestito da Siriza, la piazza continua a cantare e a ballare.

Il primo urlo di gioia dentro il tendone c’era stato alle 18.55, per l’exit poll registrata appena chiusi i seggi: una forchetta del 39-35% per Syriza, vale a dire tra i 157 e 147 seggi: una bella differenza fra un dato è l’altro, perché quella assoluta necessaria è di 151. Ma una vittoria straordinaria comunque.

Il chiasso rende impossibile capire cosa succede davvero e acciuffare i dati che la televisione sputa in greco come una mitragliatrice. Il chiasso è prodotto soprattutto dagli italiani, ormai quasi il doppio di quelli dei primi giorni, invadenti come mai, difficile rintracciare un greco, i più giovani stanno ancora ai seggi dove si scrutina, i vecchi attaccati ai televisori. Riempiranno tutti le strade di Atene solo a notte.

Per fortuna a riempire la piazza prospicente il tendone ci pensano già prima del momento epico una quantità di bancarelle con salsiccie, suvlaki e mais abbrustolito. Segno che anche i greci stanno finalmente per arrivare. E infatti finalmente tuona anche la musica di qui che, siccome si balla bene, anima danze infuocate di giovani e vecchi, nel fumo degli spiedini.

Son canzoni storiche, quelle di Teodorakis ma anche quelle più antiche della Resistenza. Bella ciao non ha più il monopolio.

Sovrastata da una musica che rompe i timpani e dal rumore di un’eccitazione ormai incontenibile dal televisore arriva finalmente una dichiarazione ragionevole di un dirigente del Kke, il partito comunista.

Dice due cose che il partito ancora filosovietico non aveva mai detto: che il popolo valuterà il programma del futuro governo e dunque non c’è più un rifiuto a priori di Syriza; e poi ammette che di Nuova democrazia non se ne poteva più, il che vuol dire riconoscere implicitamente che la spallata data da Syriza è stata una buona cosa.

Nonostante la folle posizione di rifiuto ad appoggiare Syriza che ha animato la sua campagna elettorale il Kke sta comunque fra il 5 e il 6%, più forte del povero vecchio Pasok: incredibile resistenza del comunismo irragionevole.

Alle 18,43, venti minuti circa prima della chiusura dei seggi, erano arrivati gli ultimi exit poll naturalmente non ufficiali: la vittoria di Siriza veniva già data in proporzioni al di là di ogni previsione: tra i sei e i dieci punti di distacco da «nuova democrazia».

Da internet per tutta la serata sono piovuti comunicati contrastanti. Alle 18,25, una fonte non meglio identificata annunciava che «una parte della Germania tifava per Tsipras». Una sua sostanziosa parte del resto è qui, i tedeschi della Linke, assenti nei giorni scorsi, oggi sono massicciamente presenti.

Alle 18.36 ci hanno avvertito che tre sono le incognite fondamentali :

  1. se Syriza riuscirà a raggiungere 37-38% per avere la maggioranza che le serve a governare;
  2. chi potrebbe essere interessato a sostenete un governo a guida Tsipras? si fa l’identikit di Potami, il centro, o del piccolo partito appena creato da George Papandreu, ancora in dubbio, però, se in grado di superare il 3%;
  3. chi sarà il terzo partito: Alba dorata o Potami?

«Perchè hai votato Tsipras?» «Perché è giovane bello e buono». A rispondere in questo modo un po’ semplificato a una Tv lussemburghese era stata in mattinata un vecchietta appena uscita dal seggio, che è quello dove poco prima aveva deposto la sua scheda – assediato da un turba di fotocamere e da un discreto numero di simpatizzanti del quartiere – Alexis Tsipras. Un altro vecchietto quando capisce che sono straniera cava dalla tasca un foglietto sgualcito che mi consegna con orgoglio: è la fotocopia di tutte le prime pagine di quotidiani stranieri in cui compare il leader di Syriza. Nella foto pubblicata da «Die Welt» c’è anche lui che lo abbraccia dopo un comizio, il titolo: «Così in Grecia ci sarà un vincitore radicale».

A votare Syriza ci sono stati naturalmente tanti giovani, ma sono questi vecchietti provati da storiche tragiche esperienze che mi hanno commosso in questa campagna elettorale.

Fieri e felici per un evento in cui forse ormai non speravano più: una vittoria della sinistra di tradizione comunista. Non posso non andare col pensiero ai vecchi compagni dell’epoca della guerra civile, poi della dittatura, quasi tutti ormai morti.

Ne ho conosciuti bene tanti perché qui in Grecia sono venuta così spesso già dall’inizio degli anni’60 per «Paese sera» e come sapete qui sono stata anche arrestata pochi giorni dopo il colpo di stato dei colonnelli.

Ne incontro qualcuno ora su questa piazza e ci viene quasi da piangere pensando a quelli che non hanno potuto godere questo momento. Ma ci consola la canzone di Loisos, cantata a ripetizione e diffusa altissima alla piazza in attesa. Si chiama «Niente si perde nella nostra vita perduta», e vuol dire proprio questo: che dentro la vittoria di oggi c’è anche il contributo di quella loro storia, di quel loro sacrificio.

Gli italiani nella piazza sono emozionati per la vittoria dei «fratelli greci», ma continuano a chiedersi l’un l’altro: e da noi, perché no?

Questa vittoria forse aiuterà a pensare che mai dire mai.