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Il bus per Obrenovac. Uno dei primi sforzi da parte delle autorità serbe per ridurre il numero dei migranti senzatetto a Belgrado è stato quello di provare a trasferirne alcune decine nel nuovo centro di accoglienza di Obrenovac. I migranti in genere pagano un prezzo alto per i ricollocamenti. Anche in termini di legami vitali che si spezzano

 

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Riuniti intorno al fuoco per preparare un pasto caldo. Sullo sfondo, uno dei simboli della capitale serba, l’alto profilo della «Beogradjanka»

 

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Un migrante consuma in disparte uno dei pasti che vengono distribuiti quotidianamente dai volontari dell’Hot Food Idomeni group. È l’unico sostentamento su cui potrà contare, una volta al giorno. Il resto, dalle coperte all’assistenza medica, nonostante l’impegno dei volontari e il contributo dei cittadini comuni, resta largamente deficitario
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Per non morire di freddo Un ragazzo afghano mostra la sua abilità nelle arti marziali. L’attività fisica, come ad esempio anche una partita di calcio improvvisata, è uno dei pochi modi che i migranti hanno per scaldarsi

 

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In alternativa si può accendere un fuoco…

 

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… che magari torna utile per prepararsi un tè anche in queste condizioni, come il solitario migrante nella foto

 

 

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La crescente mancanza di spazi spinge molti migranti a cercare un riparo lontano dal centro della città. Qui un gruppo ha trovato rifugio in un vagone abbandonato

 

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L’amicizia è sacra I legami che si sviluppano sulla lunga strada che dal Medio Oriente conduce in Europa sono particolarmente forti, soprattutto tra i minori

 

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Mantenere un livello base di igiene personale vuol dire essere pronti ad affrontare il ghiaccio ogni mattina. L’acqua, conservata nei bidoni, viene sommariamente scaldata sul fuoco
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Uno dei magazzini abbandonati nella zona alle spalle della stazione dei bus di Belgrado, abitato da migranti senza documenti. L’aria è satura di fumo. Bruciare qualsiasi materiale disponibile è l’unico modo per provare a difendersi dalle temperature sotto zero

 

L’autore di queste foto

Miodrag Ćakić è coordinatore sul campo del team dell’Info Park (un centro per rifugiati di Belgrado che si occupa di protezione, informazione, comunicazione e servizi educativi) e fotografo. È impegnato nell’emergenza migranti fin da quando è esplosa in tutta la sua gravità in Serbia, come volontario, attivista e membro di una ong locale. Il focus principale del suo lavoro fotografico riguarda i migranti privi di documenti costretti a sopravvivere nel rigido inverno di Belgrado senza un tetto sulla testa.