Può attecchire e svilupparsi oggi un neoumanesimo? E quali sono le condizioni della sua realizzabilità? È questo il tema presentato ieri alla prima conferenza stampa della 57esima Biennale Arte di Venezia, prevista dal 13 maggio al 26 novembre 2017. Un concept ambizioso e originale, politico nell’accezione letterale del termine: di impiego dell’arte non per intrattenimento o mero abbellimento, ma come il mezzo più prezioso di edificazione delle collettività e del singolo.

La curatrice designata, Christine Macel, ha competenze per questo: parigina e storica dell’arte, è stata conservatrice del patrimonio e ispettore della creazione artistica «Délégation aux Arts Plastiques» del Ministero della Cultura francese. Dal 2000 è Curatore capo del Centre Pompidou, dove è responsabile del Dipartimento della «Création contemporaine et prospective», che ha fondato. Sempre al Pompidou ha ideato «Espace 315», una galleria dedicata ai giovani artisti della scena internazionale, con otto personali tra il 2004 e il 2013. È stata curatrice del Padiglione Francese alla Biennale Arte 2013 (Anri Sala) e del Padiglione Belga alla Biennale Arte 2007 (Eric Duyckaerts).

Alla 57esima Biennale Christine Macel, con il titolo di Viva Arte Viva, mostrerà l’arte in statu nascendi: gli interrogativi che gli artisti si pongono, le pratiche che sviluppano, le esperienze che fanno. In sintesi il loro dire sì alla vita, nella capacità di equilibrio tra efficienza e meditazione, otium e negotium. Se nel Quattrocento l’Umanesimo, cioè la rinascita dell’Europa – culturale e solo di rimbalzo economica – si è prodotto quando si è messa l’arte al centro delle istituzioni sociali, l’ideale di questa centralità viene ora riproposto e sondato. Si può tornare a credere e a sapere che la cultura è l’unica via di miglioramento.
Giardini e Arsenale diventeranno spazi dove incontrare gli artisti, per condividere, insieme alle loro opere, i «tempi vuoti» dell’operare. L’otium elogiato da Bertrand Russell come tempo in cui coltivare la curiosità. Padiglioni o «trans-padiglioni» si succederanno, quasi capitoli di un libro, riunendo artisti di ogni generazione e provenienza, fuori dalle mode e dai personalismi. Universi di racconti sulle dimensioni più difficili da tradurre: la spiritualità, l’infinito, l’alterità. Protagonisti saranno i giovani artisti, gli artisti scomparsi e quelli finora poco noti, soprattutto delle aree culturali dell’America Latina, del Medio Oriente e dell’Asia. Ogni settimana, durante i sei mesi della Mostra, un artista terrà una Tavola Aperta in cui pranzerà con il pubblico, creando così occasioni di dialogo. Il corpo a corpo prevarrà sulle forme di rimediazione digitale.
Infine il progetto La mia biblioteca, ispirato all’omonimo saggio di Benjamin del 1931, consentirà agli artisti di riunire in una lista i loro libri preferiti, per scambi su convitati non più in vita, ma che per molti restano vitali.