Le cronache della guerra di Gallia, stato neutrale confinato tra un impero e una federazione di una pseudo-Europa inventata da Sega contaminando atmosfere steam-punk con i ricordi di un cinema bellico antimilitarista e suggestioni fantasy “light”, sono un ibrido ludico nuovo e riuscito tra più generi del videogame. In Walkyria Chronicles, videogioco del 2008 rimasterizzato con efficacia per Playstation 4, sono infatti miscelati il gioco di ruolo nipponico con quello strategico a turni e tra questi vi è infilata un’importante componente d’azione ispirata allo sparatutto in terza persona che non scade mai nell’esercizio smodato di distruzione ma conserva invece una spietata complessità tattica.

Epopea corale, una specie di Guerra e Pace elettronico e pop con pochissima pace e tanto crudele conflitto, l’opera di Sega ci narra la storia di Welkin Gunther, figlio di un eroe che ha scelto di diventare un pacifico studente di scienze naturali. Tornando a casa dopo gli studi Welkin viene coinvolto in prima persona nell’invasione della Gallia da parte delle forze imperiali e, suo malgrado, si troverà a comandare una squadra di soldati per resistere all’aggressione dall’interno di un impressionante carro-armato chiamato Edelweiss. Cominciano così una serie di tese battaglie per la libertà che metteranno a dura prova le nostre abilità strategiche e soprattutto l’empatia per i soldati che comandiamo, perchè quando vengono eliminati e non si riescono a soccorrere tempestivamente “muoiono” davvero, finendo sotto la lapide di un cimitero.. Inoltre ognuno dei soldati, divisi in classi dalle potenzialità e abilità diverse, è caratterizzato profondamente e possiede un passato e speranze per il futuro, “vivendo” così di un’umanità che lo emancipa dall’essere una mera pedina.

Walkyria Chronicles non sarebbe un gioco giapponese se non ci fossero donne bellissime dai poteri micidiali, le valchirie del titolo, che aggiungono un’epica fantastica ad una trama scritta per raccontare gli orrori di un’invasione. Tra il cast dei personaggi principali ci sono tuttavia soprattutto donne e uomini comuni che lottano disperatamente insieme e l’elemento soprannaturale, misurato e mai esasperato, favorisce il verismo malgrado l’intrusione del favoloso.

Ciò che nobilita ulteriormente questa storia di amicizie, coraggio, sacrifici e lutti è la sua ispirata realizzazione artistica, poichè Walkyria Chronicles è disegnato come se fosse dipinto con gli acquerelli e tratteggiato con le matite colorate, così che la qualità estetica delle ambientazioni rimanda a memorie pittoriche ottocentesche e “manga” insieme. Il calore dei colori reagisce con la freddezza e la crudezza della guerra che illustra, amplificando una componente umanistica che fa leva sul dramma umano, negando una facile spettacolarizzazione del conflitto.

Diviso nei capitoli componenti un libro di storia, Walkyria Chronicles riesce con successo a connettere i momenti diegetici con quelli di gioco, risultando quindi organico nella sua fluvialità di battaglie e eventi che riescono sempre a stupire e coinvolgere grazie a soprendenti apici tragici, segmenti di lirismo, rara commedia e accenti sentimentali.

Per chi lo esperisce il desiderio di finire Walkyria Chronicles è potente non perchè si vuole trionfare sul nemico massacrandolo con ferocia vendicativa e nemmeno perchè si vuole vincere e basta, dimostrando di essere i più forti contro un’intelligenza artificiale in questa partita a scacchi contro un impero invasore. Vogliamo finire il videogame, ammirare i titoli di coda, solo perchè la nostra prima volontà è la fine della guerra e il ritorno della pace, durante la quale potranno prosperare i personaggi fittizi che abbiamo amato e di cui, in maniera superficiale perchè si tratta di un gioco ma neanche troppo, abbiamo condiviso le sofferenze.