Facciamo una guerra. Tra un mese, in Libia. I pianificatori europei di nuove morti, gli stessi che si rimpallano poche migliaia di profughi che rischiano la vita nel Mediterraneo, dicono che il conflitto durerà un anno. Sarà impossibile chiamarla “operazione di polizia” e sarebbe scandaloso definirla “missione umanitaria”. La chiameranno missione Eunavfor Med. Dopo le rivelazioni del Guardian – peraltro smentite con imbarazzo dai ministri d’Europa – questa volta è WikiLeaks ad aver rovinato i piani del vecchio continente. L’organizzazione di Julian Assange ieri ha pubblicato in rete un documento dell’European Union Military Committee (Eumc) – dipartimento presieduto dai Capi di stato maggiore dei paesi europei – secondo cui l’Europa sta preparando un intervento armato in Libia.

Il titolo del dossier (rivelato in Italia dal settimanale L’Espresso) è tutto un programma: “Piano approvato dai capi della difesa europea per l’intervento militare contro le navi dei rifugiati in Libia e nel Mediterraneo”. L’obiettivo dichiarato è colpire gli scafisti per bloccare i viaggi dei profughi, ma sono previste anche azioni di terra e non si esclude l’allargamento dell’operazione militare anche alle riserve petrolifere. Si chiama invasione di uno stato sovrano (con tutte le complicazioni del “caso” libico). “L’Unione europea – commenta WikiLeaks – schiererà la forza militare contro infrastrutture civili in Libia per fermare il flusso di migranti. Dati i passati attacchi in Libia da parte di vari paesi europei appartenenti alla Nato, e date le provate riserve di petrolio della Libia, il piano può portare ad altro impegno militare in Libia”. In totale spregio dei parlamenti europei – e dell’articolo 11 della Costituzione italiana.

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Il documento riservato, al di là dell’esito catastrofico di ogni guerra più o meno dichiarata, rivela tutta l’incapacità dell’Europa di comprendere il fenomeno dell’immigrazione anche dopo anni di ininterrotto flusso di esseri umani nel Mediterraneo. Tra gli obiettivi della missione, infatti, si ammette anche la necessità di “una sufficiente comprensione dei modelli di business del traffico, del finanziamento, delle rotte, dei posti di imbarco, delle capacità e delle identità (dei migranti)”. Come dire che a un mese dell’attacco si brancola ancora nel buio. Tra le carte si ammettono con una certa leggerezza anche gli interventi a terra: “L’uso della forza deve essere ammesso, specialmente durante le attività come l’imbarco, e quando si opera sulla terra o in prossimità di coste non sicure o durante l’interazione con imbarcazioni non adatte alla navigazione”.

Altri dettagli, messi nero su bianco, suggeriscono scenari disastrosi già messi in conto dai militari europei: “La presenza di forze ostili, come estremisti o terroristi come lo Stato Islamico”. E ancora: “La minaccia che scaturisce dalla gestione di un grande volume di migranti deve essere presa in considerazione”. Una tale missione richiederà “regole di ingaggio robuste e riconosciute per l’uso della forza”. Non si escludono interventi per liberare “ostaggi” catturati dagli scafisti. Sono preoccupazioni che disegnano scenari da autentiche battaglie di terra. Con implicazioni politiche molto rischiose: “E’ necessario calibrare l’attività militare con grande attenzione, particolarmente nelle acque libiche o a terra, per evitare di destabilizzare il processo politico con danni collaterali, colpendo attività economiche legittime, o creando la percezione di aver scelto una parte”.

Nel carteggio segreto non manca il capitolo più spinoso. Come gestire una guerra evitando l’effetto collaterale più sgradevole per tutti i politici che indossano l’elmetto: più che i morti, preoccupa la cattiva “reputazione” degli assassini. “Il Comitato Militare dell’Unione Europea – si legge – conosce il rischio che ne può derivare alla reputazione dell’Unione europea, rischio collegato a qualsiasi trasgressione percepita dall’opinione pubblica in seguito alla cattiva comprensione dei compiti e degli obiettivi, o il potenziale impatto negativo nel caso in cui la perdita di vite umane fosse attribuita, correttamente o scorrettamente, all’azione o all’inazione della missione europea”. Quindi si considera “essenziale fin dall’inizio una strategia mediatica per enfatizzare gli scopi dell’operazione e per facilitare la gestione delle aspettative”. Giornalisti avvisati, mezzi arruolati. Non dovrebbe esserci alcun problema, invece, per ottenere l’avvallo della comunità internazionale: i militari indicano Unione Africana, Onu, Nato, Lega Araba, Egitto e Tunisia come partner della nuova guerra.

E il parlamento italiano? Non è menzionato nel documento dell’Eumc, ma anche in questo caso per i militari non dovrebbero esserci problemi. Solo M5S e Sel hanno qualcosa da eccepire. “Le rivelazioni diffuse da WikiLeaks – dicono i deputati pentastellati delle commissioni Esteri e Difesa – dimostrano che la missione anti scafisti dell’Ue in Libia si risolverà in un vero e proprio intervento militare. In sostanza Matteo Renzi e i suoi sodali Alfano, Gentiloni e Pinotti ci stanno trascinando in una nuova guerra, senza aver prima informato prima dettagliatamente il parlamento”. Per il capogruppo di Sel a Montecitorio, Arturo Scotto, “invece di pensare a come bombardare qualcuno Renzi si impegni affinché l’Europa la smetta con gli egoismi nazionali e si faccia carico del rafforzamento della capacità di salvataggio di persone in mare, sulla scorta di quanto fatto con Mare Nostrum”.