«Mondrian, Malevich e Kandinsky, sono la mia base spirituale. È l’apprezzamento continuo per il loro lavoro a permettermi di andare avanti». Eppure il minimalista Frank Stella, morto sabato scorso all’età di 87 anni nella sua casa di Manhattan – ha raccontato in più di una occasione di non disdegnare anche il Barocco – al centro di svariate sue lezioni ad Harvard – per quella «sorta di lotta per l’indipendenza e per il controllo del proprio destino» che metteva in scena, al di là delle richieste dei committenti.

Stella (Malden, Massachusetts, 1936) si lasciò alle spalle l’Espressionismo astratto dei suoi primi studi accademici quando si trasferì alla fine degli anni Cinquanta a New York. Nacquero così i suoi dipinti monumentali neri (Black Paintings) percorsi da simmetriche e sottilissime strisce bianche che replicavano la forma della tela, creando un effetto illusionistico e un volume «mobile». Voleva abbandonare quella che chiamava la «scatola lineare», la forma data, per approdare a una dimensione temporale, seppure incastonata nella geometria: una magia la sua che poteva scaturire anche dalla fluorescenza dei colori. Nel tempo, infatti, Frank Stella (che intanto aveva sposato la critica d’arte Barbara Rose) si indirizzò sempre di più verso la tridimensionalità, sia attraverso la sperimentazione di materiali come l’alluminio sia con assemblaggi che creavano superfici scultoree, conferendo rilievo e profondità alle sue opere. Anche le sue stampe lavoravano sulla diversificazione e la precipitazione di varie tecniche – di incisione e disegno. Versatile e aperto nwei confronti di più discipline creative, l’artista nel 1967 disegnò la scenografia e i costumi per Scramble, uno spettacolo di danza di Merce Cunningham. Nel 1970 il Moma lo consacrò fra le star del minimalismo con una grande retrospettiva.

«L’astrazione non può limitarsi a una sorta di geometria rettilinea o a una semplice geometria curva – affermava –. Potrebbe essere una geometria che ha in sé un impatto narrativo. In altre parole, si può raccontare una storia con la forma. Non una storia letterale, ma attraverso composizioni e colori si può sviluppare la sensazione di un qualcosa di astratto che scorre ed è parte attiva di un’azione».