attacco

Un attacco in grande stile, che mette in evidenza una capacità di coordinamento e una conoscenza abbastanza «profonda» della Rete. È quello che è accaduto ieri negli Stati Uniti, quando il «provider» Dyn del New Hampshire ha visto un susseguirsi di Ddos – Distributed Denial of Service, cioè un sovraccarico di informazioni che rallenta inizialmente il servizio fino a farlo collassare – per due ore. Nulla di eclatante, hanno pensato inizialmente i tecnici della società. Ma quando hanno constatato che non l’attacco continuava, non hanno potuto che rimboccarsi le mani per trovare la soluzione. E se questo testimonia della capacità di coordinamento (e di pianificazione) dell’intrusione, gli effetti a cascata hanno avuto rilevanza nazionale.

IL PROVIDER Dyn, infatti, è usato da molti siti «pesanti» della partizione statunitense della Rete. I servizi che collassati sono quelli di Twitter, Financial Times, Spotify, eBay, New York Times, Boston Globe, Netflix, Airbnb, Visa, eBay e Reddit e l’eco americano di «The Guardian». Per due ore, i siti sono stati irraggiungibili. Molti di essi hanno messo nella home page un tranquillizzante messaggio di scusa per gli utenti, annunciando la ripresa del servizio al più presto. Cosa che è avvenuta però solo due ore. A conferma della black out è arrivato un comunicato di Amazon che ha segnalato i problemi di funzionamento del provider Dyn, specificando che gran parte dei problemi ha riguardato l’East Cost, coinvolgendo tutti gli stati dai confini con il Canada fino alla Florida.

L’attacco è terminato alle 15,20 italiane, ma nella prima serata di ieri la notizia che il sito del Financial Times aveva ulteriori problemi di funzionamento ha fatto scattare un nuovo allarme per il timore che potessero ripetersi nuove «azioni di disturbo».

LA GIORNATA DI IERI non ha fatto salire l’adrenalina dei tecnici che gestiscono il provider e di quelli preposti alla sicurezza informatica degli altri siti. Sono da mesi che gli Stati Uniti lo spettro di una eventuale cyber-guerra disturba i sonni non solo delle agenzie federali della sicurezza nazionale, ma anche dell’inquilino della Casa Bianca e dei candidati alla presidenza. Le voci, più o meno veriterie, di possibili attacchi di cracker russi per danneggiare Hillary Clinton hanno portato Barack Obama ad intervenire, prima con parole di avvertimento, poi con la minaccia di attacchi informatici alla Russia, suscitando reazioni dure da parte del Cremlino («State giocando con il fuoco»).

Quello di ieri è stato un attacco che non voleva certo distruggere i dati del provider né serviva a «prelevare» dati sensibili. Il Ddos è quasi sempre un’azione dimostrativa. Ma sta di fatto che guerriglia informatica e cyberguerra stanno entrando nella discussione pubblica. E nell’agenda politica globale.