Il centrodestra sulle riforme istituzionali è vittima di se stesso, del proprio stesso populismo. Dopo che l’accordo di una decina di giorni fa tra Meloni e Salvini aveva sbloccato il cammino di premierato e Autonomia differenziata in vista delle elezioni europee di giugno, il terzo incomodo – Fi – si è inserito nel meccanismo, intuendo che anch’essa potrebbe piegare il tema istituzionale per ottenere benefici elettorali. Premessa necessaria per capire quanto accaduto ieri alla Camera e quella che potrebbe essere la dinamica politica dei prossimi giorni.

Per tentare di bloccare la doppia approvazione di Autonomia e premierato – rispettivamente a Montecitorio e a Palazzo Madama – prima delle urne dell’8 e 9 giugno, le opposizioni mercoledì hanno chiesto al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, tempi più congrui nell’esame del ddl Calderoli. Questo è stato già calendarizzato per il 29 aprile in Aula, e la Commissione Affari costituzionali ha stabilito di comprimere i tempi di esame: la prossima settimana gli emendamenti, che verranno poi votati in tre giorni (rispetto ai tre mesi del Senato). Uno slittamento di una decina di giorni dell’approdo in Aula rispetto al 29 aprile sarebbe sufficiente per l’obiettivo delle opposizioni: Montecitorio due settimane prima delle europee sospenderà le sedute per la campagna elettorale, e l’Autonomia concluderebbe il suo iter dopo le elezioni. E qui si inserisce Fi.

Secondo gli attuali sondaggi l’8 e 9 giugno si recheranno ai seggi pochi italiani, circa il 50%. Con una platea di votati più ristretta sarà più facile guadagnare o perdere punti percentuali. Il partito di Tajani «vede» ormai il sorpasso sulla Lega, e se questa perdesse alcuni consensi in Veneto e Lombardia, questo calo si tradurrebbe in una percentuale significativa, tale da agevolare lo scavalcamento. L’approvazione dell’Autonomia è considerata dal partito di Salvini capace di far rialzare la china nelle due Regioni a guida leghista. Ed ecco che ieri il presidente della Commissione Affari costituzionali, Nazario Pagano, di Fi – per intenderci il segretario degli «azzurri» in Abruzzo dove ha portato il suo partito al 13%, ampiamente sopra la Lega – ha compiuto la mossa del cavallo.

Si è detto disponibile a tempi più congrui per l’esame dell’Autonomia in Commissione, con un approdo in Aula il 6 maggio. Il ministro Calderoli è andato su tutte le furie e prima che si riunisse l’ufficio di presidenza della Commissione, chiamato a rimodulare il calendario, ha minacciato la guerra termonucleare a tutto campo, compreso il premierato, per non parlare delle candidature per le amministrative. In pratica aizzando i meloniani contro i forzisti. Pagano ha quindi portato in ufficio di presidenza della Commissione la conferma del cronoprogramma dell’esame: solo il termine per la presentazione degli emendamenti scala da lunedì 15 a martedì 16 aprile, su insistenza delle opposizioni, che ancora sperano, tanto è vero che si sono iscritte in massa alla discussione generale, che dovrebbe chiudersi oggi. Ma Pagano ha confermato la conclusione il 24 aprile. Almeno per ora.

Sul fronte del premierato la Lega è pronta, in caso di ripresa del braccio di ferro sull’Autonomia, a presentare emendamenti in Aula in Senato riaprendo il capitolo sull’articolo 4, che riguarda le crisi di governo. La Commissione Affari costituzionali ieri ha concluso il voto degli emendamenti di merito (ne mancano 12 sull’entrata in vigore), bocciando quattro emendamenti delle opposizioni sullo Statuto delle opposizioni, confermando la concezione del Capo, rispetto al quale i contrappesi sono solo fastidiosi impedimenti nella guida del Paese: pardon, della Nazione.