«Insieme a te non ci sto più», avrà detto Vincent Bolloré – sulle note di Caterina Caselli- a Pier Silvio Berlusconi, rompendo la trattativa per l’acquisizione di Mediaset Premium. La pay-tv sembrava attrarre Vivendi: per costruire un polo europeo in grado di contrastare l’ascesa di Netflix, uno dei nuovi potenti dell’era dell’incrocio con la rete. E ora, dopo le promesse di matrimonio e i corteggiamenti appassionati, si rischia (?) la carta bollata.

Chissà che cosa è successo realmente, pur essendo trapelata qualche indicazione dalle dichiarazioni del management di Vivendi che ha parlato di «differenze significative nell’analisi dei risultati di Mediaset Premium». E non ci vuole un filologo per capire. Comunque, lo scambio di invettive non è solo teatralità. Una delle grandi partite si è al momento inceppata. Ma, forse, se ne potrebbe aprire una più grande, la vera posta in gioco cui tiene il finanziere francese. Che di affari se ne intende, come si evince dal suo curriculum, e sembra desiderare direttamente la casa madre.

In un gioco che assomiglia ai turbamenti del giovane Dustin Hoffman, diviso nel famoso film tra la signora Robinson e la figlia. Insomma, l’obiettivo è Mediaset, e il Risiko potrebbe coinvolgere Telecom, di cui ormai Bolloré è l’uomo forte. Comunque la si metta, è evidente la parabola discendente dell’ex cavaliere, stretto tra l’orgoglio e il salvataggio delle aziende della sua vita, ormai ben lontane dal fulgore degli anni d’oro, quelli del proprietario-presidente del consiglio garantiti dall’assenza di una normativa decente sul conflitto di interessi.

Fininvest ha seccamente smentito eventuali tentazioni, anticipando con un ruvido attacco i propositi dell’amico-nemico: «L’eccezionale gravità e l’assoluta scorrettezza del comportamento di Vivendi», alla faccia delle maniere. C’è da fidarsi,però? Il manager della Juventus ha smentito fino a poche ore prima l’acquisto di Higuain, secondo un rito consolidato negli affari che mischia con cinica naturalezza verità e menzogna.

La storia di Mediaset Premium non finisce qui, anche perché dalle parti di Arcore non hanno molte alternative e la stagione della vecchia televisione è al suo lento ma inesorabile crepuscolo. Durerà ancora, certamente, ma il potere dei media si è già spostato in lidi storicamente più progressivi, dove si parla il linguaggio della «realtà aumentata», la sfida dei prossimi anni, che altro non è che uno spostamento in avanti dei livelli cognitivi. E il gioco di Pokemon è il cavallo di Troia.

Intendiamoci. Le pay tv fanno ancora gola, essendo uno scrigno di dati preziosi nel passaggio dall’età del pubblico generalista a quella del consumatore-cliente. Probabilmente nelle prossime ore qualcosa si chiarirà. Berlusconi, però, non ha tempo e l’astuto Bolloré lo sa. Il matrimonio d’amore può sfociare in nozze di puro interesse. Le baruffe e le urla di guerra possono preludere ad una pace di convenienza.