Un vero e proprio colpo da biliardo, quello ordito dal governo conservatore del Partido popular, che si sta giocando tutti gli assi nella manica pur di restare in sella dopo le elezioni politiche del 20 dicembre. Un vuoto legale nella normativa europea, ha infatti consentito al Pp di approvare e blindare prima dello scioglimento delle camere un bilancio generale dello stato elaborato su misura con una doppia finalità politica: fare propaganda in chiave elettorale al mito della ripresa economica, e mettere al sicuro dagli interventi di un eventuale governo progressista l’austerità voluta dalla Germania e applicata con zelo dall’esecutivo di Mariano Rajoy.

La vicenda si articola intorno ad un balletto di date e scadenze che riporta a quest’estate; al 31 di luglio, data in cui, in via del tutto eccezionale, il parlamento spagnolo approvava in fretta e furia una legge finanziaria che però doveva essere recapitata a Bruxelles entro il 15 ottobre. Madrid ha infatti sottoscritto un patto che la obbliga a sottomettere entro quella data le previsioni di bilancio alla supervisione degli altri stati membri (un meccanismo denominato Two-Pack), i quali devono poi esprimere un parere entro il 30 novembre. Una fretta sospettosa che ha partorito una finanziaria su misura (basata sui dati di aprile) e ha costretto la Commissione ad un lavoro precipitoso su dati non adeguatamente aggiornati. Il disappunto di Bruxelles è arrivato puntuale e laconico: «Le date non sono decise per caso». Ma la vera secchiata di acqua fredda è stata lanciata lo scorso 5 ottobre, prima della riunione ufficiale dell’Ecofin, dal commissario Pierre Moscovici, che ha stroncato le previsioni di bilancio spagnole e ha ridimensionato l’ottimismo del ministro spagnolo Luis De Guindo, insistendo soprattutto sull’impossibilità di compiere gli obiettivi di deficit. «Sono delle previsioni ad hoc.

Il governo che uscirà dalle urne a dicembre dovrà presentare un nuovo progetto». aveva dichiarato Moscovici, sapendo di mettere un bastone tra le ruote alla campagna elettorale del Pp, e di riflesso alla Germania, apertamente favorevole ad un Rajoy bis. Infatti, le parole del Commissario francese, hanno mandato in fibrillazione i sacerdoti dell’austerità a Berlino, prontamente intervenuti a difesa di uno dei governi più ligi ai diktat politici ed economici della Merkel. Al termine dell’Ecofin del 6 ottobre, il ministro tedesco Schaüble aveva infatti ribaltato il giudizio di Moscovici, lasciando peraltro il francese in una situazione ai limiti del ridicolo. «Il bilancio spagnolo è buono e solido. Bisogna tenere in considerazione la situazione complicata da cui viene la Spagna», ha detto Schäuble.

La dichiarazione suona come un’intromissione tedesca sullo scenario politico spagnolo: pur di scongiurare l’avvento di un governo ostile e di proseguire indisturbata nella linea dei tagli, la Germania sembra essere disposta a tollerare le astuzie e il maquillage economico di De Guindo. La faziosità dell’intervento è ancora più evidente se si volge lo sguardo alla Grecia. Figli e figliastri, verrebbe da dire: mentre gli ellenici sono costretti a marciare nel solco strettissimo dell’austerità senza sconti, il governo amico della Spagna riceve un trattamento di favore.

Ma l’intervento a gamba tesa è talmente evidente che difficilmente resterà senza conseguenze. Il giorno successivo alle dichiarazioni di Schäuble, il País ha infatti pubblicato degli estratti di un documento che raccoglie quanto dibattuto in Commissione (salvo poi essere smontato dal ministro dell’Economia tedesco).

Emergono tutte le perplessità segnalate dal commissario francese: la fragilità e l’incompletezza delle previsioni spagnole, elaborate senza tutti i dati necessari; il rischio di mancare gli obiettivi di deficit, l’assenza di indicazioni da parte governi regionali, uno sbilanciamento ottimistico riguardo agli indicatori della crescita e del debito pubblico. Conciliare gli opposti non è facile, ma un chiarimento sulla vicenda da parte dei vertici europei sarebbe opportuno. In gioco, tra l’altro, c’è la credibilità della Commissione europea.