Gli studenti del liceo Virgilio che hanno occupato da giovedì pomeriggio la loro scuola, a un isolato dall’ambasciata di Francia, invitando giornalisti e esperti a parlare delle tensioni internazionali successive all’attentato di Parigi, resistono alle pressioni della preside, Irene Baldriga, che li ha denunciati alla polizia invocando misure repressive sia per interruzione di pubblico servizio sia contro “l’irresponsabile decisione di un gruppo di studenti” in un momento di “allarme terrorismo”.

Ieri mattina il liceo occupato è stato visitato da un team di agenti della Digos che non hanno, evidentemente, trovato motivo per intervenire e se ne sono andati senza segnalare problemi legati alla sicurezza dell’edificio. Nel pomeriggio però un funzionario di polizia che si è qualificato come in servizio presso in commissariato di zona ha ingiunto agli occupanti di lasciare al più presto i locali della scuola, sotto la minaccia di uno sgombero con la forza. Oltre alla preside, il commissariato del centro storico sarebbe stato bersagliato dalle lamentele di un gruppo di genitori di cui si fa portavoce il presidente del Comitato genitori Enzo Borsellino secondo il quale «ormai, e si abbia il coraggio di dirlo, quella delle occupazioni è solo una moda. Spero – ha aggiunto – che i pm, di fronte alle nostre denunce, si mostrino attenti nel riconoscere questa forma di illegalità messa in atto da pochi studenti».

Ma non tutti i genitori degli alunni si sentono rappresentati da questa posizione. Un altro gruppo di madri e padri, consiglieri del comitato genitori di cui Borsellino è presidente e rappresentanti di classe hanno preso le distanze dalle denunce e dall’ultimatum dato agli studenti e hanno anche scritto una lettera al sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, che l’anno scorso aveva avuto parole di comprensione per le occupazioni scolastiche, concepite a suo dire come un utile rito di passaggio degli studenti alla ricerca di autonomia, di un pensiero critico e di impegno organizzativo. I genitori democratici del Virgilio chiedono ora a Faraone di assumere un intervento di “mediazione tra le componenti studenti, genitori, insegnanti e dirigenza scolastica”.

“I ragazzi lamentano – come dicono in un comunicato di risposta alle accuse della preside – la soppressione sistematica del diritto di avere spazi di autonomia e di ascolto, noi genitori lamentiamo un clima “terroristico” da toni assolutamente spropositati e personali della dirigente”. Non è, proseguono, alimentando conflitti e divisioni nella scuola, demonizzando gli studenti, dividendo i genitori in schieramenti, buoni e cattivi, non favorendo un confronto sereno e la possibilità di accogliere le legittime proposte degli studenti in un contesto di collaborazione costruttiva” che si fa un buon servizio alla scuola. “Sogniamo – concludono – una scuola aperta e condivisa tutto l’anno e non che sia solo l’occupazione l’unica possibilità di socializzazione e di condivisione vera nella scuola”.

Gli studenti che hanno occupato il Virgilio e i genitori che li difendono citano entrambi la sentenza della Cassazione del 20 marzo 2000 che specifica come l’occupazione di una scuola da parte dei liceali non è da considerare reato in sé e non è soggetta a essere sgombrata in quanto l’art. 633 del codice di procedura penale punisce solo l’invasione arbitraria di edifici e non una qualsiasi occupazione per quanto illegittima. In più, specifica ancora la giurisprudenza, l’edificio scolastico pur essendo di proprietà dello Stato “non costituisce una realtà estranea agli studenti che non sono dei semplici frequentatori ma dei soggetti attivi” con diritto di accesso non solo nelle ore dell’attività scolastica. I genitori, rispondendo alle accuse della preside – che ha usato termini forti, bellicosi, come “bugie”, “irresponsabilità”, “ignobile”, “miopia” riferendosi agli studenti occupanti – citano anche l’articolo 34 della Costituzione che parla di “scuola aperta a tutti”. E accusano la dirigente di aver “chiuso ogni spazio di condivisione” e di essersi dimostrata “incapace di qualsiasi dialogo con loro”. “Una comunità- concludono – si governa con l’autorevolezza, non con l’autorità”.