L’onda lunga renziana sta per abbattersi anche sulla Calabria. E lui è pronto a surfare verso la vittoria. Mario Oliverio non è un renziano, né della prima né della seconda ora, anche se il premier alla fine si è convinto e lo ha omaggiato con un comizio a Cosenza. E’ di un’altra scuola, quella del vecchio Pci, è cresciuto a pane e Frattocchie. Ma come Renzi ha l’innata capacità di fagocitare tutto ciò che gli si muove attorno. A partire da pezzi di centrodestra, arruolatisi senza che lui abbia fatto nulla per impedirlo.

Al «partito della nazione» di Renzi fa da pendant il «partito unico della Calabria» di Oliverio. Che mette assieme di tutto e di più: da ex rifondaroli a peones scopellitiani. Una marmellata di gattopardi che unge il carro del vincitore. Perché sul risultato delle regionali di oggi non ci sono dubbi. Più che i sondaggi, tutti univoci, valgono molto di più la sicumera del centrosinistra e la rassegnazione alla sconfitta della destra. Qui Berlusconi e compagnia avevano il proprio feudo meridionale. Hanno dilapidato tutto in poco più di un anno. Pesa il crollo di Peppe Scopelliti, disarcionato dal comune di Reggio e dalla presidenza della regione a colpi di condanne ed errori politici. Primo fra tutti quello di aver seguito Alfano e i neodemocristiani del Ncd. Al momento più propizio (per loro) l’hanno abbandonato al suo destino. Lui lo ha capito tardi, dopo esser stato trombato (e tradito) alle europee. Ora Scopelliti non ha più nemmeno un partito. Naviga a vista dalle parti di Forza Italia ma è guardato con diffidenza.

Il centrosinistra, invece, veleggia verso il trionfo annunciato. Una lenzuolata di liste e di candidati accompagna Oliverio verso la conquista della regione: un obiettivo ambito da oltre vent’anni. Le liste (Pd, Democratici riformisti, Oliverio presidente, Autonomia e diritti, Calabria in rete, la Sinistra), nonostante il «codice etico» sbandierato, pullulano di indagati e vecchi arnesi. Ma tant’è. Il centrodestra invece è diviso e deriso. Ncd, insieme all’Udc, ha abbandonato il campo e va da solo con la coalizione Alternativa popolare, e il candidato Nino D’Ascola, senatore e avvocato di Berlusconi e Scopelliti il quale prima gli ha levato il mandato e di cui poi è diventato il più feroce oppositore.

Forza Italia è rimasta sola a presidiare l’area della destra. Candida a presidente Wanda Ferro, già presidente della provincia di Catanzaro e pasionaria ex missina. Fedeli a Berlusconi sono rimasti solo Fratelli d’Italia e la lista degli scopellitiani duri e puri, riuniti sotto la sigla Casa delle libertà. In compenso, Forza Italia ha guadagnato l’endorsement di Pippo Callipo, il re del tonno.
Secondo i sondaggi tra il centrosinistra e l’aggregazione berlusconiana ci sono 20 punti: un abisso. Oliverio mette a profitto anche la crisi dei grillini, dati in caduta libera come dimostra il fiasco (1,8%) delle elezioni reggine. I 5 stelle candidano alla presidenza Cono Cantelmi, avvocato catanzarese noto alle cronache solo per aver promesso (per poi rinunciarvi) un salto dal parapendio. Grillo non si è fatto vedere a queste latitudini. Forse per lavarsi le mani da una possibile sconfitta. I grillini di Calabria invece si sono messi a epurare i candidati scomodi. Come Fernanda Rombolà, pacifista, attiva nel movimento contro l’arsenale chimico siriano in transito a Gioia Tauro. Troppo di sinistra, devono aver pensato. E perciò messa fuori lista. Rombolà non l’ha presa bene e ha querelato Cantelmi. Che il cuore dei 5 stelle da queste parti batta a destra è testimoniato dalla transumanza, da e verso il movimento, di esponenti di Forza nuova e Casa Pound.

Infine, la sinistra fuori dal centrosinistra. Rifondazione corre da sola sotto le insegne della lista Altra Calabria e con il candidato presidente Mimmo Gattuso. Quella che era la lista Tsipras (4,5% alle europee) si è atomizzata in più rivoli: i vendoliani con Oliverio, alcuni comitati territoriali (Crotone, Jonio cosentino, Sinistra euromediterranea) per l’astensione, e poi Rifondazione. Il comitato nazionale della lista Tsipras non ha riconosciuto ufficialmente Altra Calabria. Forse per il timore di un insuccesso sulla scia del flop alle comunali di Altra Reggio (1,4%). I comitati ambientalisti e i movimenti radicali disertano le urne. Il rischio è che nessuno a sinistra del Pd e di Sel sieda sugli scranni del consiglio regionale. Sarebbe la prima volta.