A voler essere cattivi si potrebbe pensare al classico contrappasso. Contrarie fino a solo poche settimane fa ad affrontare con iniziative comuni l’emergenza immigrazione e determinate a chiudere le proprie frontiere ai migranti (vedi la scandalosa situazione dei migranti di Ventimiglia), Londra e Parigi si ritrovano unite oggi nel chiedere aiuto all’Unione europea. «Questa situazione non può essere considerata solo un problema dei nostri due paesi», hanno scritto Theresa May e Bernard Cazeneuve, rispettivamente ministri degli Interni britannico e francese in una lettera aperta pubblicata dal quotidiano Telegraph. Il riferimento è a quanto sta succedendo a Calais, dove da settimane centinaia di migranti cercano ogni giorno di infilarsi nell’Eurotunnel per raggiungere la Gran Bretagna. «Molti di coloro che a Calais stanno cercando di attraversare la Manica sono passati attraverso l’Italia, la Grecia o altri Paesi. E’ una priorità sia a livello europea che a livello globale», scrivono i due ministri appellandosi all’Ue.
Sembra quasi di sentire gli stessi appelli rivolti inutilmente dall’Italia ai capi di Stato e di governo dei 28 quando a Bruxelles si è sfiorata la rottura pur di far accettare ai paesi membri l’accoglienza di appena 40 mila migranti siriani ed eritrei, 24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia. Una quantità minima se si considera che solo in Italia quest’anno sono previsti circa 200 mila arrivi, e pari si è no al numero di richiedenti asilo che sbarcano ogni mese nei due Paesi maggiormente coinvolti dalla crisi ma di fronte alla quale sono stati molti i Paesi che hanno preferito guardare da un’altra parte. Tra questi la Gran Bretagna, pronta a fornire mezzi navali per intervenire nel canale di Sicilia ma determinata, come spiegò Cameron non più tardi di due mesi fa, a non accogliere profughi sul suo territorio.
Adesso le parti si rovesciano, ma non sembra che i due governi abbiano capito cosa spinge chi fugge a lasciare il proprio paese. May e Cazeneuve suggeriscono infatti come mezzo per contrastare i migranti, di convincere «queste persone che le nostre strade non sono lastricate d’oro».
Sarà interessante vedere come e se questa nuova crisi cambierà il modo di agire di Gran Bretagna e Francia. Per intanto la commissione europea, incassa la marcia indietro britannica. «Quanto sta accadendo a Calais – ha infatti fatto sapere ieri un portavoce – conferma quanto sempre sostenuto dalla Commissione, e cioè il bisogno di innalzare il livello di solidarietà e assunzione di responsabilità tra tutti gli Stati membri».
Per il momento l’unica cosa che Londra sembra intenzionata a innalzare è il livello di repressione verso gli stranieri. Il governo si prepara infatti a varare un nuovo giro di vite nei confronti non solo dei migranti, ma anche di chi affitta loro regolarmente una casa. Uno nuova norma prevede che i profughi che si vedono respingere la domanda di asilo dovranno essere cacciati dai padroni della casa in cui vivono, anche se in possesso di un regolare contratto di affitto e senza attendere una sentenza di sfratto da parte della magistratura. Come se non bastasse la legge prevede anche che i propietari della casa possano essere condannati a cinque anni di carcere se non procedono immediatamente allo sfratto degli inquilini divenuti all’improvviso irregolari. Da tener conto che in Gran Bretagna non è legale procedere a uno sfratto senza l’ordine di un giudice.
Intanto a Calais proseguono senza sosta i tentativi da parte dei migranti di entrare nell’Eurotunnel. La scorsa notte ci hanno provato in 1.700, tutti fermati dalla polizia, un migliaio mentre si trovava ancora all’esterno dell’Eurotunnel.