È l’Italia che ha violato le norme europee sul permesso di soggiorno, ed è un giudice italiano a dare torto al governo Renzi. La super tassa che il ministero dell’interno continua a chiedere ai migranti per ottenere il permesso di soggiorno va contro il diritto europeo. Così ha deciso il Consiglio di stato, respingendo gli argomenti dell’Avvocatura contro la sentenza del Tar che già a maggio aveva dato torto al governo e ragione alla Cgil e al patronato Inca, autori del primo ricorso. Eppure le questure d’Italia, come da precisa indicazione del ministro Alfano, hanno continuato a pretendere dai migranti un contributo minimo di 80 euro e massimo di 200 a secondo della durata del permesso di soggiorno che si intende chiedere o rinnovare. Sette volte la somma a carico di un cittadino italiano per la Carta d’identità, hanno calcolato i giudici, ricordando anche altri 73 euro di costi fissi ugualmente a carico dei migranti.
Ieri la terza sezione del Consiglio di stato (presidente Maruotti, estensore Noccelli) ha stabilito che quella tassa andrà notevolmente abbassata, e anche che il governo dovrà trovare il modo di rimborsare i migranti che l’hanno pagata – recentemente il tribunale di Milano ha ordinato i primi 5 rimborsi proprio sulla base della sentenza del Tar (per una cifra variabile dai 50 ai 170 euro a testa, potenzialmente centinaia di milioni di euro nel complesso).
La super tassa che il governo ha (invano) difeso era stata introdotta nel 2011 come uno degli ultimi atti dell’esecutivo Berlusconi, per destinare i ricavi ai rimpatri degli «irregolari». I giudici amministrativi si erano rivolti alla Corte di giustizia europea che nel 2015 aveva definito la super tassa «un ostacolo all’esercizio dei diritti» dei migranti.