Nel giro di una decina di giorni è esploso a Roma un grave scandalo urbanistico e molte famiglie incolpevoli stanno rischiando di pagare un conto inaccettabile: la perdita di una casa regolarmente pagata. Il 20 aprile a Castelverde, estrema periferia est, erano attesi l’ufficiale giudiziario e la forza pubblica per sgomberare una ventina di alloggi. Ieri e oggi sono previsti altri otto sgomberi a Tor Vergata. Tutte quelle case e molte altre sono state costruite in attuazione di una delle più nobili leggi dello Stato, la 167 del 1962, che serviva per dare case interamente pubbliche ai ceti più poveri e case in proprietà attraverso lo strumento di cooperazione a chi invece poteva permettersi di pagare un mutuo a tassi agevolati.

Nella Roma del malaffare e di mafia capitale si è riusciti a insozzare anche una legge di quel tipo. Autorizzazioni che venivano date a cooperative non perfettamente in regola; mancati controlli sui prezzi di vendita delle case che venivano aumentati a piacimento dai costruttori; mancati controlli sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione. L’amministrazione comunale, e cioè l’istituzione che avrebbe dovuto vigilare sulla questione accorgendosi per tempo di ogni deviazione dal rispetto delle leggi non ha evidentemente svolto questo compito: del resto sono quasi trenta anni che si persegue l’obiettivo di limitare ad ogni costo le prerogative delle amministrazioni pubbliche.

In questo far west pagano ovviamente i più deboli, e cioè famiglie di lavoratori che speravano di costruirsi una casa. Alcune di esse non ce l’hanno fatta a pagare i sovraccosti occulti e sono state pertanto perseguite. Altri edifici non hanno ancora gli allacci alle fogne e rischiano di essere sgomberati. Alcune cooperative sono nel frattempo fallite e i danni si scaricano sulle vittime delle malversazioni.

Finora è positivo constatare che la Prefettura ha seguito una strada di ragionevolezza: la polizia non si è presentata a Castelverde e speriamo che anche questa mattina non si faccia vedere a Tor Vergata. Ma la situazione è gravissima e non si può più aspettare. È sacrosanto che sui reati intervenga la magistratura, ma se vogliamo salvare questa città dal disastro dobbiamo spalancare le finestre e mettere sul banco degli accusati la rete di connivenze del malaffare diffuso che ha prosperato nei rapporti tra la mala politica e urbanistica affaristica. Solo per la mancata vigilanza sui piani dei quartieri di edilizia pubblica sembra che nelle casse comunali mancano tre miliardi di euro, un quarto del tragico indebitamento della capitale.

Ricevuti in Campidoglio un mese fa da uno dei vice commissari, Salviamo il paesaggio e la rete dei comitati dei cittadini hanno chiesto l’apertura di un’inchiesta pubblica rigorosa e indipendente dalla politica su questo e sui tanti altri casi dell’urbanistica romana truffaldina. Varianti con accordi di programma conclusi nella parte privata e mai adempiuti nella parte che prevedeva opere e servizi pubblici. Lottizzazioni urbanistiche e concessioni edilizie sospette rilasciate anche a imprese legate a mafia capitale. Mancato perfezionamento degli espropri che sta causando aumenti per i prezzi delle case abitate da oltre trenta anni.

Finora non abbiamo avuto risposta sull’istituzione della commissione d’inchiesta ma il commissario prefettizio Tronca ha pieni poteri e può utilizzarli sia per chiedere al Parlamento un intervento legislativo ad hoc per risolvere una situazione che rischia altrimenti di sfuggire al controllo sia per riportare chiarezza e legalità nell’urbanistica romana.