Anche se ai più sfuggiva come si chiamasse, veniva ricordato fisionomicamente per la fossetta che gli solcava il mento. Poi interpretò «Spartacus» nel 1960, e a quella fossetta fu associato il nome di Kirk Douglas. Ha compiuto, in questi giorni, cento anni di età, ma ci piace continuare a identificarlo come l’impavido Spartacus che si pone a capo della rivolta dei gladiatori contro il potere di Roma. Quella rivolta per la libertà che affascinò sullo schermo adulti e ragazzini e che è rimasta un modello di anelito libertario per gli oppressi di ogni evo storico. Al botteghino dei cinema circolavano delle cartoline promozionali del film, di colore rosso, che riportavano un cerchio grande e altri più piccoli contenenti i ritratti degli attori principali. A prima vista sembravano tutte uguali, ma osservandole ci si accorgeva che variava il ritratto racchiuso nel cerchio più grande. I film kolossal restavano in programmazione per parecchi giorni e c’era la possibilità di completare la serie dei personaggi (una decina) che comparivano nel cerchione. Se ciò avveniva si consegnavano le cartoline al botteghino, ricevendo in cambio un biglietto omaggio per rivedere «Spartacus». Ma c’era chi, rinunciando alla replica del film o non cedendole ad altri, tratteneva le cartoline per una propria collezione. Nell’immaginario di noi ragazzini, scolari delle elementari, il volto di Kirk Douglas apparteneva a Spartacus e basta, pertanto nei suoi film successivi ci era più facile indicare l’attore americano col nome del famoso gladiatore. Rivedendolo ancora, negli anni della maturità, abbiamo acquistato consapevolezza che il film non si fondava soltanto sulla spettacolarità di scene di masse in costume ma anche su una consumata recitazione dei vari interpreti della pellicola come Lawrence Oliver e Charles Laughton. Kirk Douglas si è distinto in innumerevoli altri ruoli cinematografici. Preferiamo rievocarlo in un paio di pellicole d’autore degli anni ’50, antecedenti dell’eroe con il gladio. Nel giornalismo, per diventare un reporter d’assalto, bisogna essere distaccati, non lasciarsi coinvolgere emotivamente dall’ambiente circostante. Douglas, allora, si cala sapientemente nella parte di un cronista bramoso di arrivismo, rappresentando ne «L’asso nella manica» il cinismo esasperato, talvolta insito nel mondo dell’informazione americana (e non solo), che un autore come Billy Wilder intendeva denunciare. Prima di «Spartacus», aveva lavorato con Kubrik nel film antimilitarista per eccellenza «Orizzonti di gloria». Il nostro si rivelerà un efficace interprete del giudizio critico (covato dal regista) nei confronti del potere arrogante e ottuso esercitato dagli alti ranghi militari, in tempo di guerra, sui soldati in trincea.