“Fine della corsa”. Così il Cdr de l’Unitàha voluto titolare l’ultimo comunicato dopo aver preso atto che la società editrice del quotidiano ha deciso di mettere fine a una storia lunga novanta anni (1924-2014). Obbligatorio, in questo caso, fare anche il nome del fondatore, un certo Antonio Gramsci, più imbarazzante invece fare i nomi degli attuali “affondatori” del quotidiano che fu del Pci e che dal 1997 è in mano ad azionisti privati (il Pd detiene solo una piccola quota). Anche se il Cdr nell’annunciare battaglia – “noi continueremo a combattere” – ormai sa bene che bisogna guardarsi soprattutto “dal fuoco amico” (il riferimento al partito “amico” è tutt’altro che casuale).

Nel frattempo, il giornale gravato dai debiti e dal calo di copie (vende intorno alle 20 mila copie) non sarà più in edicola a partire dal 1 agosto. Domani uscirà l’ultimo numero, con le pagine tutte bianche. Non è la prima volta che accade, l’Unitàaveva già chiuso nel mese di luglio del 2000, per poi riaprire sei mesi dopo.

La mazzata è arrivata ieri pomeriggio dopo l’assemblea dei soci che aveva generato qualche speranza circa la “concreta possibilità di aprire un confronto costruttivo” – così diceva il penultimo comunicato del Cdr. Invece, sono uscite solo poche righe che lasciano senza fiato ottanta lavoratori, e qualche esponente della minoranza Pd: “I liquidatori di Nuova Iniziativa Editoriale Spa in liquidazione comunicano che il giornale sospenderà le pubblicazioni a far data dal 1 agosto 2014”. Punto.

La N.I.E. è il liquidazione dal 14 giugno. L’ultimo è stato un mese di passione (con i giornalisti in sciopero delle firme che da tempo non percepiscono gli stipendi), ma evidentemente non è servito per trovare un “compratore” solido in grado di garantire un futuro all’ex giornale del Partito Comunista Italiano. “E’ sorprendente – accusa Luca Landò, direttore del quotidiano – che il Pd non sia riuscito a trovare una soluzione: avrebbe almeno potuto appoggiare il progetto di Matteo Fago” (il socio liquidatore che aveva proposto di affittare e poi acquistare la testata). Ancora più esplicito il vicedirettore Pietro Spataro su Twitter: “Chi aveva detto iostoconlunità non ha fatto nulla. Senza parole di fronte a tanto scempio”.

Più articolata ma altrettanto dura la posizione dei lavoratori espressa dal Cdr. “Dopo tre mesi di lotta – si legge nel comunicato – ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unità. Gli azionisti non hanno trovato l’intesa su diverse ipotesi che avrebbero comunque salvato il giornale. Un fatto di gravità inaudita, che mette a rischio un’ottantina di posti di lavoro in un momento di grave crisi dell’editoria”.

La redazione però non sembra disposta ad arrendersi. “Al tempo stesso, con la rabbia e il dolore che oggi sentiamo, diciamo che questa storia non finisce qui. Avevamo chiesto senso di responsabilità e trasparenza a tutti i soggetti, imprenditoriali e politici. Abbiamo ricevuto irresponsabilità e opacità. Questo lo grideremo con tutta la nostra forza. Oggi è un giorno di lutto per la comunità dell’Unità, per i militanti delle feste, per i nostri lettori, per la democrazia. Noi continueremo a combattere guardandoci anche dal fuoco amico”.

Per Bianca Di Giovanni (Cdr), “questa è una vicenda politica molto grave”. E il responsabile è il Pd: “Anche i liquidatori hanno avuto la sensazione che si volesse arrivare a questa situazione, il Pd stesso ha preferito questa strada, è una questione che la minoranza deve affrontare”.

A proposito, attestati di solidarietà, forse fuori tempo massimo, arrivano da Stefano Fassina, Gianni Cuperlo e Alfredo D’Attorre. I tre si appellano al loro partito, o almeno a chi lo comanda: “E’ un danno pesante al pluralismo dell’informazione e al dibattito culturale e politico, è una ferita profonda per il Pd. Facciamo appello alla segreteria del Partito democratico ed ai soci della Nie, in particolare a quanti hanno le maggiori responsabilità nella società, affinché cooperino a trovare una soluzione per riportare al più presto l’Unità in edicola”. Anche l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, si schiera con i giornalisti e lo scrive con due righe su Twitter: “L’Unità deve vivere. E’ una voce che nessuno ha mai zittito”.

Attestati di solidarietà arrivano anche dalla Federazione Nazionale della Stampa, che in queste settimane affiancherà i giornalisti che continueranno a battersi per tornare a scrivere. “Ora tutti gli sforzi – scrive il presidente Fnsi Giovanni Rossi – debbono essere posti per tentare il ritorno in edicola e per salvaguardare i diritti dei lavoratori dipendenti, che da tre mesi non ricevono gli stipendi, e dei collaboratori”.