L’ultimo decreto «salva Ilva» è riuscito in un’impresa storica: mettere d’accordo politica, sindacati e associazioni. La bocciatura sul provvedimento del governo è stata infatti unanime. Fiom, Fim e Uilm parlano di un «decreto inutile perché non dà risposte su questioni fondamentali come il risanamento degli impianti, il futuro industriale e la tutela della salute». Mentre il governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha accusato l’esecutivo “di superficialità”: per il leader di Sel «abbiamo perso due anni: non vorrei ci si andasse a schiantare». Il Pd ha invece annunciato che lavorerà per modificare il testo. Corale la bocciatura delle associazioni: dai Verdi a Legambiente, dal WWF a Peacelink ai «Liberi e Pensanti», tutti parlano di un «decreto scritto dai Riva».

Probabilmente, la crisi finanziaria dell’Ilva e il cambio del commissario straordinario, avevano creato sin troppe aspettative e speranze per quel «cambio di passo» annunciato dallo stesso Renzi. A ben vedere però, il nuovo decreto ha previsto le uniche due cose attualmente fattibili: il prestito ponte da parte degli istituti di credito attraverso il meccanismo della prededuzione, che consentirà alle banche una corsia preferenziale nella riscossione del credito e la revisione dei tempi di attuazione del piano ambientale. Il prestito infatti, consentirà al commissario Gnudi di garantire «l’esercizio d’impresa e la gestione del patrimonio»: ovvero pagare gli stipendi e iniziare a saldare i debiti contratti con le ditte dell’appalto e dell’indotto, oltre che quelli con i fornitori.

Se infatti non fosse ancora chiaro, senza i soldi delle banche, l’Ilva fallirebbe nel giro di pochi giorni. Questo perché l’azienda, seppur commissariata, ha ancora una proprietà: la società è controllata per il 61,62% dalla Riva Fire, per il 25,38% dalla Siderlux (posseduta dalla stessa Riva Fire), per il 10,05% dalla Valbruna Nederland, società olandese della famiglia Amenduni, e per il 2,95% dalla Allbest, un’altra società lussemburghese.

Secondo la legge sul commissariamento dell’agosto 2013, al termine dello stesso l’azienda dovrà tornare in possesso dei legittimi proprietari: dunque, senza i soldi e l’avallo dei Riva, ancora oggi si può fare ben poco. Ecco perché il governo, attraverso il lavoro di Gnudi, tenterà di far entrare nell’azionariato della società investitori interessati a rilevare la maggioranza delle quote: sia per mettere in minoranza i Riva, sia per varare l’aumento di capitale, unica strada realmente percorribile per dare un futuro al siderurgico. Da escludere invece, un intervento diretto dello Stato su un’azienda privata, perché impedito dalle norme europee. Con la Cassa Depositi e Prestiti che in più circostanze ha ribadito di non essere interessata ad entrare nel dossier Ilva.
Sul fronte ambientale il prestito dovrebbe garantire la liquidità necessaria per l’avvio dei lavori previsti dal piano ambientale. Ma viste le ingenti risorse necessarie al risanamento degli impianti, che ammontano a svariati miliardi di euro, si è reso necessario posticipare ancora una volta la loro conclusione: entro il 31 luglio 2015 dovranno essere realizzati i lavori scadenti a quella data, nella misura minima dell’80 per cento; entro il 5 agosto 2016 dovranno essere completati tutti gli interventi.

Stante così le cose, il no opposto da Edo Ronchi al governo per una nuova nomina come sub commissario, era scontato: l’ex sub commissario, il cui mandato è scaduto lo scorso 15 giugno, ha infatti sempre vincolato una sua riconferma all’avvio del piano ambientale. Malcontento ha creato anche la decisione di utilizzare le risorse sequestrate al gruppo Riva dalla Procura di Milano, ammontanti a quasi 1,9 miliardi di euro. Decisione imposta dal ministro della Giustizia Orlando: le risorse rientrano nell’ambito di un’inchiesta il cui processo deve ancora inziare: usarle per la bonifica degli impianti prima ancora che i Riva siano condannati in via definitiva, esporrebbe lo Stato ad un sicuro ricorso del gruppo per incostituzionalità. La risoluzione della vicenda Ilva è ancora molto lontana.