Negli ultimi due anni, l’economia spagnola è cresciuta tanto da recuperare la caduta di reddito del periodo legato alla pandemia e oggi si colloca in Europa alla guida della ripresa economica. Il 2023 si è chiuso con quasi 21 milioni di iscritti alla sicurezza sociale, oltre mezzo milione di occupati in più in corso d’anno e il Pil si è attestato al 2,5%, contro la media europea dello 0,5%. Le ragioni di questo successo sono nella ricetta socio-economica applicata dal governo di coalizione progressista per uscire dalla crisi, definita non casualmente di “scudo sociale”, con l’introduzione di politiche a sostegno del reddito e dell’occupazione e di calmieramento dei prezzi.

Un pacchetto di misure che va dall’istituzione del minimo vitale per combattere la povertà alla crescita del salario interprofessionale al 60% della retribuzione; dall’adozione di un meccanismo di salvaguardia del lavoro e delle imprese alla riforma del mercato del lavoro che privilegia l’occupazione stabile; dalla riduzione delle tariffe del trasporto pubblico alla fissazione del prezzo del gas per alleggerire le fatture domestiche.

Questa strategia ha consentito una ripresa dell’economia abbastanza solida e in tempi relativamente rapidi, grazie anche al contributo importante delle parti sociali, soprattutto dei sindacati, nel quadro del dialogo sociale rilanciato dall’esecutivo. E gli effetti positivi di questo intervento sulla sindacalizzazione di lavoratori e lavoratrici dipendenti non si sono fatti attendere.

Negli ultimi due anni, infatti, è cresciuta l’affiliazione ai sindacati spagnoli, un dato in contrasto con quanto normalmente accade in Spagna, per cui in periodi di crescita economica la tendenza è piuttosto alla smobilitazione sindacale. Invece, i cinque principali sindacati di ambito statale – Comisiones Obreras (Ccoo), Unión General de Trabajadores (Ugt), Central Sindical Independiente y de Funcionarios (Csif), Unión Sindical Obrera (Uso) e Confederación General del Trabajo (Cgt) -, secondo quanto elaborato dal quotidiano digitale spagnolo Público, avrebbero registrato 60.000 iscritti in più, nel biennio 2022 e 2023, in particolare tra le donne e i giovani lavoratori.

Se si guarda ai dati del principale sindacato spagnolo, Ccoo, al 31 dicembre 2023 il numero di affiliati cresce rispetto all’anno precedente di circa 8.000 unità (da 967.000 a 975.000). «Dopo la pandemia abbiamo cominciato a recuperare, una tendenza che si va consolidando negli ultimi due anni», ci dice Agustín Martín, segretario di Organizzazione di Ccoo. Agli iscritti al 31 dicembre, vanno aggiunti le lavoratrici e i lavoratori che si iscrivono in corso d’anno, circa 100.000 nel 2023: «Il comportamento, in questo caso, è simile a quanto già osservato. Durante un anno si producono adesioni e dimissioni dal sindacato. Negli ultimi anni sono state maggiori le adesioni che le dimissioni in Ccoo, confermando perciò la tendenza alla crescita dell’affiliazione», chiarisce Martín.

Soprattutto, cresce l’affiliazione delle donne, mentre diminuisce quella degli uomini: «Questo ha a che vedere con la nuova incorporazione nel mercato del lavoro che è prevalentemente femminile, mentre gli uomini sono spesso in età di pensionamento. Ossia, vanno in pensione uomini più anziani ed entrano nel mercato del lavoro e nel sindacato donne più giovani».

Ma c’è un altro dato che corrobora il nuovo interesse verso il sindacato ed è quello relativo alla rappresentanza, ossia al numero dei delegati eletti nei posti di lavoro. Anche in questo caso, la tendenza è al rafforzamento delle organizzazioni sindacali, perché non solo cresce il numero degli iscritti ma anche quello dei lavoratori che si vogliono impegnare nel sindacato: «Al 31 dicembre 2019 i sindacati eleggevano complessivamente 275.000 delegati e ora siamo passati a eleggerne circa 300.000», spiega il dirigente sindacale. «Come Ccoo abbiamo registrato un aumento di oltre 6.000 delegati dal 2019. E anche se si tratta di una tendenza che interessa tutti i sindacati, si consolida soprattutto la rappresentanza molto maggioritaria di tipo confederale».

La crescita di affiliazione al sindacato si spiega con varie ragioni: dall’ampliamento della protezione del lavoro nei settori più precari, alle aumentate tutele per le lavoratrici, dal ruolo del sindacato nella conquista di maggiori diritti all’aumento dell’occupazione.

Tutti elementi che danno visibilità all’azione sindacale in termini diversi dal passato: «Normalmente il sindacato aveva un comportamento anticiclico: nella crisi cresceva perché la gente gli si rivolgeva per proteggersi, mentre nelle fasi di prosperità economica veniva meno la necessità di affiliazione», dice Martín.

Ma questa volta è avvenuto il contrario: «Credo che questo sia frutto del dialogo sociale, del considerare il sindacalismo confederale come un elemento attivo nella costruzione dei diritti dei lavoratori». «L’aver scelto di rafforzare il quadro del dialogo sociale tra le parti, ha permesso un’uscita dall’ultima crisi in modo totalmente differente da ciò che era abituale con l’austerità», sottolinea il sindacalista. E per quanto «lavoriamo in un ambiente ostile, attaccati dalla destra in tutta Europa, resistiamo e consolidiamo le nostre posizioni».